Commento mensile

Ottobre 2021

Aggiornamento su temi economici e d’investimento

Economia, politica e mercati

  • Dopo la lieve oscillazione di settembre, a ottobre i mercati azionari hanno registrato un forte rimbalzo
  • Banche centrali e governi portano avanti l’attuale mix di politiche per aiutare la ripresa delle economie
  • Nel mese, i timori sull’inflazione sono aumentati, con il mercato che si interroga sull’ampiezza del termine “transitorio” utilizzato dai banchieri centrali

Strategia Credito Globale

Performance.  A ottobre, il fondo Algebris Global Credit Opportunities ha reso tra -0.2% e -0.1% a seconda delle diverse classi azionarie. A titolo comparativo, l’indice EUR BAML HY (indice HE00) ha chiuso a -0.6%, l’indice US BAML HY (indice H0A0) a -0.2% e l’obbligazionario dei mercati emergenti (indice EMGB) a -0.2%. Nel corso del mese, la performance (in euro, al lordo delle commissioni) è stata trainata da: (i) Credito: -46pb, di cui -67pb da obbligazioni cash e +21pb da CDS; (ii) Tassi: +8pb; (iii) Valute: +2pb; (iv) Azionario: +27pb; (v) Altro: +1pb.

Il mercato si sta gradualmente allontanando dal contesto positivo iniziato nel secondo semestre 2020. Come avevamo previsto già a maggio, le tendenze dell’inflazione si stanno rivelando persistenti e, di conseguenza, i mercati obbligazionari si sono mossi per riflettere le rinnovate aspettative di aumento dei tassi a livello globale. Allo stesso tempo, le sorprese sulla crescita sono diminuite, creando il potenziale per un ambiente simile alla stagflazione (soprattutto in Paesi come il Regno Unito, dove l’offerta è maggiormente congestionata). Un’inflazione persistente sfavorisce gli investitori in reddito fisso, erodendo capitale nel tempo. Stando alle nostre stime, se gli attuali livelli di breakeven si dovessero confermare, gli investitori perderebbero un decimo del loro capitale in euro e un quarto in sterline su un orizzonte di dieci anni.

Il nostro approccio prudente e selettivo ha permesso al fondo di chiudere il mese di ottobre in pareggio, nonostante il calo dei principali indici di credito.

Posizionamento corrente.  Manteniamo un atteggiamento cauto, in particolare sul credito, dove il fondo rimane investito al 40% circa in maniera selettiva, e teniamo bassa la duration. Restiamo positivi su convertibili e rialzo azionario nei settori Value e legati alla reflazione (20% circa del portafoglio). Nelle ultime settimane abbiamo aggiunto protezione (attraverso coperture e posizioni short) su Paesi importatori di materie prime nei mercati emergenti e società che potrebbero risentire delle pressioni sui costi.

Nel credito, ci concentriamo su settori in grado di resistere alla stagflazione, come quelli legati a viaggi / riaperture (es. compagnie aeree, crociere), ciclici che beneficiano di tassi più elevati (es. finanziari) e beni discrezionali difensivi (es. auto di lusso). Su questi stessi settori, manteniamo inoltre un’elevata allocazione alle obbligazioni convertibili con basso rischio di credito e upside / downside positivamente convesso. Stiamo attivamente riducendo le esposizioni a titoli con forte beta ai mercati, quali il debito bancario subordinato dei Paesi europei periferici e le obbligazioni dei Paesi emergenti in valuta forte a duration elevata. Abbiamo aggiunto protezione sul credito delle società con margini più bassi e maggiormente sensibili alle pressioni sulle catene di approvvigionamento, nonché sui Paesi emergenti importatori di energia. Nel complesso, l’esposizione ai mercati emergenti resta contenuta, con posizionamenti lunghi limitati a settori o Paesi connessi all’energia (es. Rublo russo).

Siamo ben posizionati per cogliere le opportunità derivanti dalla fine degli stimoli di politica monetaria e dall’aumento della volatilità.

Strategia Credito Finanziario

A ottobre, il graduale cambiamento nella percezione dell’inflazione – da fenomeno largamente transitorio a più permanente – ha guidato i movimenti di molte classi di attivi. Ciò è stato evidente sul front-end delle curve, dove i tassi governativi core a 2 anni si sono ampliati in media di 15pb (circa 60% dell’intero movimento da inizio anno di 25pb), trainando in alto i tassi a 5 anni di una simile entità. Materie prime (in particolare petrolio e rame, in rialzo del 10% su base mensile) e azioni (inclusi S&P ed EuroStoxx, in rialzo di 6% circa) hanno registrato le performance migliori. Per quanto riguarda il credito, invece, il rinnovato ottimismo in tema Covid ha portato ad una salita del 3% circa, sulla scia di spread più stretti.

I tassi di mercato attesi in Europa entro fine 2023 sono saliti di 40pb. L’aumento, equamente distribuito sui due anni, è legato alle crescenti preoccupazioni inflazionistiche e sottintende probabili azioni da parte della Banca Centrale per contenere la pressione sui prezzi. Ciò ha rappresentato un fattore chiave per la performance dell’azionario finanziario in ottobre (indice SX7E in rialzo del 4.2% nel mese, +43.5% circa da inizio anno), sulla base dell’aspettativa che tassi più elevati porteranno ad un aumento della redditività del settore per i prossimi anni, con un effetto diretto in termini di ritorno di capitale. La prospettiva di una redditività più alta rafforza inoltre i fondamentali del credito, compensando in parte l’effetto della correlazione negativa tra reddito fisso e tassi in crescita, rendendo il nostro contesto di investimento sempre più interessante.

La stagione dei risultati del terzo trimestre è iniziata in modo ampiamente positivo in termini di redditività e generazione di capitale per le banche europee che si sono espresse finora. La continua riduzione delle svalutazioni legate al Covid sta mitigando le pressioni sul reddito operativo, dovute alla compressione del margine di interesse netto e ai bassi volumi. La graduale ripresa della fiducia da parte di consumatori e imprese nelle prospettive macroeconomiche dovrebbe inoltre tradursi in un’attività commerciale più fertile per il settore finanziario. Per il momento – e per il prevedibile medio termine – le banche centrali restano impegnate a fornire ampio sostegno monetario, di modo che le condizioni di finanziamento non ostacolino la ripresa della crescita economica.

Sul fronte regolamentare, la Commissione Europea ha pubblicato la versione definitiva di Basilea IV, sostanzialmente in linea con le aspettative del mercato. L’avvio del periodo di progressiva introduzione (5 anni) è stato posticipato di due anni al 2025 e, per alcuni attivi, sono state previste estensioni fino a 8 anni per il raggiungimento del requisito minimo. Al netto di queste modifiche (legate alla revisione dei modelli interni in Europa, ‘TRIM’), l’incremento degli attivi ponderati per il rischio derivante dall’implementazione di Basilea IV dovrebbe essere ora ampiamente gestibile dalle banche. Inoltre, entro il 2023 le Autorità potrebbero iniziare a includere le metriche ESG nelle loro procedure di revisione e valutazione prudenziale (‘SREP’) e stress test annuali.

Dopo un settembre intenso, l’attività primaria di ottobre è stata più contenuta e ampiamente in linea con i €15mld dello scorso anno. Ciò è dovuto non solo ai periodi di blackout dovuti alle pubblicazioni delle trimestrali, ma anche al fatto che quasi tutte le principali banche europee hanno già completato i piani di finanziamento di quest’anno. Le emissioni di ottobre si sono rivelate equamente suddivise tra obbligazioni subordinate datate e Senior garantite / preferred, con una forte attività da parte delle entità francesi (oltre 70%).

A ottobre, gli AT1 emessi quest’estate hanno mostrato timidi segnali di stabilizzazione, dopo un ribasso di oltre 5 punti nel terzo trimestre che ha contaminato, seppur in misura molto inferiore, titoli strutturalmente migliori e con duration più bassa che continuiamo a preferire. Date le cedole e i tassi di reset decisamente inferiori, queste nuove emissioni rimangono le meno attraenti nel caso in cui le preoccupazioni per l’inflazione e tassi più alti dovessero portare ad una generale svolta risk-off sui mercati.

Strategia Azionario Finanziario

La stagione degli utili delle banche europee per il terzo trimestre 2021 è già iniziata; ancora una volta stiamo assistendo a performance esaltanti in quasi tutti i campi. Il margine di interesse sta battendo le stime grazie all’aumento dei volumi sui mutui, inoltre anche le commissioni continuano a essere molto più elevate del previsto, trainate dai ricavi dell’investment banking, dai flussi dell’asset / wealth management e dal recupero dei volumi nei pagamenti / transazioni, portando ad un fatturato netto medio del 4% superiore rispetto al consenso degli analisti. Con la leva operativa, si arriva a toccare l’11% di superamento delle attese sul livello di profitto e, con le perdite sui prestiti che continuano a scendere fino al 40% al di sotto delle aspettative, i profitti finali sono di ben oltre il 30% superiori rispetto al consenso. Crediamo che le banche europee possano battere le aspettative anche in futuro, in particolare grazie alla ripresa della domanda di prestiti delle imprese, oltre che per le stime di perdita sui prestiti che rimangono ancora troppo prudenti, infine per un aumento dei tassi potenzialmente molto più vicino per le banche centrali dei mercati sviluppati, unitamente all’incorporazione dei rialzi dei tassi già visti in molti Paesi dei mercati emergenti, verso i quali le banche europee hanno un’esposizione. Inoltre, nonostante la forte performance del settore da inizio anno, lo stesso non sta ancora scontando gli aggiornamenti al rialzo degli utili per azione (EPS) dei prossimi 12 mesi, il che significa che il settore è stato effettivamente sottovalutato da inizio anno, suggerendo spazio per un continuo rialzo.

Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad un significativo riprezzamento della parte a breve della curva in tutto il mondo. Il mercato ha iniziato a scontare un ciclo di rialzo dei tassi più vicino rispetto a quanto previsto in precedenza, poiché la tesi dell’inflazione transitoria appare sempre più debole. Finora abbiamo visto che alcune banche centrali hanno già iniziato ad alzare i tassi (Polonia, Corea, Brasile e Russia, tra le tante), mentre è probabile che quelle più grandi (BoE, Fed) si muovano nel breve termine. Inoltre, altre banche centrali dei mercati sviluppati hanno segnalato misure di soppressione del QE straordinario (Canada) e di controllo della curva dei rendimenti (Australia), con conseguente riprezzamento della curva altrettanto ampio. Forse la cosa più sorprendente è che il mercato sta persino iniziando a prendere in considerazione rialzi dei tassi come avvenuto per quelli della BCE: il tasso di policy implicito a 3 anni è ora pari a -6pb, rispetto ai -45pb di soli tre mesi fa.

Non è chiaro a questo punto se questi movimenti siano giustificati, ma vorremmo sottolineare i seguenti punti chiave per quanto riguarda le banche.

  1. Dovremmo essere preoccupati per la curva? C’è qualche timore che un ciclo di rialzi prematuro e/o eccessivamente aggressivo rappresenti un errore di politica monetaria e possa soffocare la crescita – lo notiamo ad esempio nell’appiattimento delle curve e in un leggero raffreddamento dei breakeven sull’inflazione a lungo termine. Questa è una preoccupazione ragionevole, ma vorremmo sottolineare che la parte della curva più rilevante per gli utili bancari, lo spread 3 mesi-5 anni, si trova ora a nuovi massimi poiché la pancia della curva è stata rivalutata in modo più significativo – questo suggerisce che i costi di finanziamento rimarranno contenuti mentre i rendimenti degli asset inizieranno a salire. Il segmento a lungo termine è generalmente meno rilevante per gli utili bancari, ma può essere un fattore trainante del multiplo prezzo / utili (P/E) e ad oggi i rendimenti a lungo termine rimangono vicini ai massimi da inizio anno.
  2. Gli utili hanno un impatto ancora migliore di quanto pensassimo? Fondamentalmente, la maggior parte delle banche oggi è fortemente avvantaggiata da un rialzo dei tassi a breve termine. Ciò si verifica particolarmente in Europa, dove i tassi sono negativi da diversi anni, e negli Stati Uniti, dove le banche si trovano su livelli di liquidità insolitamente elevati. Le banche rivelano una sensibilità positiva a una variazione dei tassi (ad esempio, Commerzbank suggerisce che gli utili aumenteranno del +100% con una variazione dei tassi di 100pb), ma ciò che è degno di nota è che queste dichiarazioni bancarie potrebbero benissimo sottovalutare il vero impatto positivo. Ciò è dovuto al fatto di avere un beta sui depositi (ossia il grado in cui gli aumenti dei tassi sono parzialmente riconosciuti ai depositanti) a livelli troppo elevati. La maggior parte delle banche adotta un beta del 50% circa, con quello futuro effettivo che sarà probabilmente molto più basso, almeno per la prima parte del ciclo di rialzi. Lo abbiamo visto nell’ultimo ciclo di aumenti negli Stati Uniti e lo abbiamo sentito nelle conferenze degli utili del terzo trimestre da parte di più banche del Regno Unito, che han dichiarato che i loro beta effettivi sui depositi saranno inferiori: questo è un chiaro vantaggio per gli utili.
  3. Qual è il prezzo scontato? Negli Stati Uniti, le stime delle banche stanno già scontando 3-4 rialzi nei prossimi due anni (contro i 4 attualmente prezzati dal mercato obbligazionario) e le valutazioni sono ben al di sopra della media storica, quindi il rialzo degli utili e dei multipli grazie ai tassi più elevati appare relativamente limitato a questo punto. D’altra parte, nessuna banca in Europa ha attualmente i futuri tassi più elevati già incorporati nelle proprie stime degli utili, con le azioni che vengono scambiate ben al di sotto della media storica: un mix molto più interessante rispetto agli Stati Uniti, a nostro avviso.

Sebbene i titoli bancari europei abbiano mostrato una buona corsa da inizio anno (+33% a fine settembre), le valutazioni si trovano ancora ben al di sotto dell’intervallo storico. In effetti, guardando ai multipli P/E relativi, nonostante il rally da inizio anno, le banche europee si trovano ora ai livelli minimi toccati nelle crisi precedenti (Crisi Finanziaria globale, Eurozona e Brexit). La capitalizzazione di mercato dell’intero settore bancario europeo è appena al di sopra della sola capitalizzazione di JP Morgan, e anche gli emittenti di più alta qualità trattano a 7-8 volte gli utili, a fronte di rendimenti da dividendo e riacquisti del 7-12%. Questo spazio, raro bastione di valore nei mercati di oggi, potrebbe fornire risposta alla domanda di rendimenti sicuri e crescenti, offrendo al contempo un riparo dall’inflazione.