Commento mensile

Aprile 2022

Aggiornamento su temi economici e d’investimento

Economia, politica e mercati

  • Inflazione e rendimenti hanno continuato a crescere in aprile, trainando al ribasso i mercati obbligazionari e azionari.
  • L’inflazione rappresenta uno “shock di crescita”, ma lo stesso non vale per la recessione. In Europa, la crescita sarà probabilmente superiore al trend nel 2022.
  • Sui finanziari, rendimenti del 5-9% sia sul credito che sull’azionario.

Strategia Credito Globale

Performance.  Ad aprile, il fondo Algebris Global Credit Opportunities ha reso tra -0.7% e -0.5% a seconda delle diverse classi azionarie. A titolo comparativo, l’indice EUR BAML HY (indice HE00) ha chiuso a -2.9%, l’indice US BAML HY (indice H0A0) a -3.6% e l’obbligazionario dei mercati emergenti (indice EMGB) a -5.7%. Nel corso del mese, la performance (in euro, al lordo delle commissioni) è stata trainata da: (i) Credito: -110pb, di cui -58pb da obbligazioni cash e -52pb da CDS; (ii) Tassi: 43pb; (iii) Valute: 8pb; (iv) Azionario: 0pb; (v) Altro: -1pb.

A marzo, gli spread si sono ridotti nonostante la guerra in Ucraina. Abbiamo sfruttato questa opportunità per ridurre il rischio sulla parte credito del portafoglio, contribuendo in tal modo a isolare la performance del fondo dall’aggressivo riallargarsi degli spread in aprile.

Posizionamento corrente.  Continuiamo a vedere il 2022 come un anno difficile per gli attivi di rischio, in particolare per l’obbligazionario. Nonostante ciò, avendo ridotto il rischio del fondo all’inizio di aprile, stiamo sfruttando l’attuale debolezza di mercato per aumentare tatticamente il rischio, nelle parti senior della struttura di capitale e nei settori che beneficiano di tassi più alti (es. credito finanziario senior statunitense).

Nel complesso, manteniamo un posizionamento difensivo sul portafoglio liquido, con 60% netto investito in obbligazioni cash. Per il portafoglio cash, ci concentriamo su obbligazioni con bassa duration, cedole elevate e supporto di azionisti / governi. Pur avendo ridotto il posizionamento corto complessivo sui tassi, manteniamo alcuni short su asset sensibili alla duration (come i BTP) e un certo grado di protezione azionaria.

Per quanto riguarda le posizioni lunghe, ci concentriamo su settori in grado di generare buone performance anche in un contesto di politica monetaria più restrittiva, come i ciclici che beneficiano di tassi più elevati (es. abbiamo aggiunto esposizione ai finanziari senior statunitensi), quelli legati a viaggi / riaperture (es. compagnie aeree, crociere) e beni discrezionali difensivi (es. auto di lusso). Sulle convertibili, manteniamo un’elevata allocazione a emittenti con basso rischio di credito e potenziale di rialzo connesso alle riaperture e all’aumento dei prezzi delle materie prime (es. Total e BP). L’esposizione ai mercati emergenti resta contenuta e manteniamo un buon livello di protezione su Paesi vulnerabili come l’Egitto e la Turchia.

Continuiamo a credere che l’inflazione sopra al target peserà sui prezzi degli attivi e sul beta quest’anno. I drammatici eventi in Ucraina aumenteranno sia l’inflazione che la volatilità, trainando potenziali liquidazioni sul beta. Tuttavia, crediamo che il fondo possa sovraperformare anche in questo contesto difficile, cogliendo le opportunità derivanti dall’aumento della volatilità.

Strategia Credito Finanziario

I toni negativi di marzo sono continuati in aprile, portando ad un ribasso generalizzato di tutti gli attivi di rischio. I principali indici azionari hanno chiuso il mese in calo di circa 4% in media, raddoppiando le perdite da inizio anno, mentre i tassi sovrani si sono ampliati di altri 30pb circa su tutte le curve, portando a nuovi massimi sui rendimenti. A livello geografico e settoriale, la performance è stata contrastante per via dei diversi scenari attesi dagli investitori circa le probabilità di stagflazione o recessione. Nonostante il contesto macroeconomico incerto, restiamo positivi sul nostro settore grazie al recente riprezzamento, che consente di bloccare rendimenti all-in quasi doppi rispetto a quelli di inizio anno senza compromettere la duration e, soprattutto, la qualità degli emittenti, che rimane il nostro focus principale.

Guardando ai mercati, il FTSE britannico è stato l’eccezione con +4% da inizio anno, rispetto al più ampio indice europeo (SX5E) in calo dell’11% quest’anno. Ciò spiega in parte la differenza tra il -6% delle banche europee e il -12% di quelle dell’Eurozona. Gli istituti statunitensi hanno chiuso il mese in calo dell’11%, portando le perdite da inizio anno a -16%, in linea con la media di un’ampia serie di indici azionari del Paese. Ad aprile, gli spread sui finanziari sono cresciuti in media di circa 15pb sui Senior e 25pb sui Tier 2, con gli AT1 in calo di circa 4 punti per via del beta più elevato. Il movimento ha colpito trasversalmente il settore, a prescindere dai fondamentali, determinando un rapporto rischio-rendimento sempre più interessante per i titoli di più alta qualità.

A livello globale, i fondamentali del settore finanziario rimangono solidi. I risultati del primo trimestre hanno confermato l’orientamento positivo del settore a fronte di tassi più alti, in particolare negli Stati Uniti, alla luce delle azioni politiche attese da parte della Fed. L’espandersi del margine di interesse netto, unito a una dinamica delle commissioni e dei costi migliore del previsto e alla resilienza della qualità degli attivi ha infatti permesso alle banche di battere ampiamente i profitti di consenso. Benché anche per gli istituti europei si siano verificate dinamiche simili, i benefici derivanti dai tassi sono stati meno consistenti a causa dell’azione più lenta attesa dalla BCE. Inoltre, vale la pena notare che gli accantonamenti sono rimasti stabili nell’intervallo 30-40pb, ossia più bassi in media rispetto a quanto previsto per l’intero anno grazie al continuo beneficio delle garanzie governative e delle misure di sostegno legate al Covid.

Per quanto riguarda la stagione dei risultati, l’unica pecca è stata l’erosione dei livelli di capitale dovuta all’inflazione degli attivi ponderati per il rischio (“RWA”) legata all’aumento della volatilità del mercato e, in misura minore, al riprezzamento negativo delle attività finanziarie. Per le principali banche statunitensi, l’erosione è stata in media di 70pb ed è stata mitigata dalla solida generazione organica di capitale e dalla flessibilità sui riacquisti, fattori che rassicurano dal punto di vista del credito. Al contrario, per gli istituti europei gli effetti sul capitale sono stati minori grazie al persistere dei benefici normativi, che hanno lasciato le riserve di capitale comodamente al di sopra dei requisiti minimi (circa 400pb in media).

Lo slancio nelle emissioni è proseguito in aprile, con il primario che da inizio anno ha registrato circa 15% in più rispetto allo stesso periodo 2021, quasi interamente guidato da Senior non-preferred / HoldCo (circa 90% dell’intero ammontare emesso da inizio anno), a causa dei requisiti MREL e di un contesto macroeconomico incerto che incentiva il front-loading. Inoltre, queste costanti esigenze di emissione dovrebbero continuare ad offrire nuove interessanti opportunità di investimento. Ad aprile, l’emissione di capitale è stata più bassa rispetto ai livelli 2021 di circa 7% e, cosa interessante, un paio di titoli AT1 sono stati richiamati senza essere stati precedentemente rifinanziati, una novità assoluta per la classe di attivi. Ad oggi, ci sono circa EUR10 miliardi di chiamate AT1 rimanenti da qui alla fine dell’anno, e ci aspettiamo che questi titoli vengano richiamati alla prima opportunità, rafforzando in tal modo il contesto tecnico positivo.

Dal punto di vista degli investimenti, le valutazioni sono ora a livelli estremamente interessanti, dopo mesi di allargamento degli spread alimentati dai tentativi di contenimento dell’inflazione da parte delle banche centrali. Da quando i tassi sovrani hanno iniziato a crescere stabilmente a inizio dicembre 2021, i rendimenti sui finanziari sono mediamente raddoppiati nelle parti di struttura legate al capitale (e al credito), portandosi a livelli assoluti che non si vedevano da tempo. Il settore finanziario resta tra i principali beneficiari dell’aumento dei tassi e, con i mercati che stanno già scontando un consistente inasprimento monetario, siamo sempre più positivi sulle prospettive per il settore.

Strategia Azionario Finanziario

La debolezza dei mercati azionari è continuata in aprile, con gli investitori che hanno preso coscienza delle sfide imposte dal contesto di tassi in aumento, dal persistere delle pressioni inflazionistiche, dal potenziale rallentamento economico e dalle tensioni geopolitiche legate al conflitto Russia-Ucraina. Nel corso del mese, l’indice MSCI ACWI è sceso dell’8.0%, mentre il rendimento del decennale americano è salito di 57pb a 2.89%. I titoli finanziari e bancari hanno sofferto insieme al mercato, con l’ACWI Financials in calo dell’8.3% e le banche statunitensi dell’11.1%.

Ad aprile, il fondo Algebris Financial Equity è sceso del 4.2%, attestandosi a circa 400pb in più rispetto all’ACWI Financials. Gran parte della sovraperformance si deve al maggior peso delle banche europee nel portafoglio del fondo. I principali contributi alla performance sono arrivati da Banco BPM, che a inizio mese ha annunciato l’acquisizione di una partecipazione del 9.2% da parte di Crédit Agricole, Standard Chartered, che a fine aprile ha superato le attese sugli utili e annunciato un aumento della forward guidance, e M&T Bank, che nella conferenza sugli utili trimestrali ha indicato una forte attesa per i redditi da interessi netti 2022. Nel mese, la strategia è stata penalizzata soprattutto dall’esposizione alle banche commerciali statunitensi: il P/E atteso per il settore è infatti passato da 12x a 10x, per via delle preoccupazioni per il potenziale rallentamento economico innescato dall’inasprimento della Fed. In questo spazio, i principali detrattori alla performance sono state le partecipazioni core del fondo in Wells Fargo, Citizens e Citigroup.

Gli utili bancari del primo trimestre 2022 hanno mostrato un forte orientamento positivo all’aumento dei tassi d’interesse, come dimostrato dai rafforzamenti verificatisi negli Stati Uniti, nel Regno Unito e anche in Europa. Nel Regno Unito, NatWest, Lloyds e Barclays hanno registrato un RoTE oltre l’11%, dopo un decennio di rendimenti mediocri. In Europa, BNP ha realizzato un RoTE del 13.5% (così come Santander), con un dividend yield superiore al 7%, e riacquisti, crescita e utili in rafforzamento. Nonostante ciò, il titolo viene scambiato a 0.7 volte il valore contabile tangibile e 7 volte gli utili. Per quanto riguarda le banche europee, sebbene il mercato dei tassi stia scontando otto rialzi nei prossimi due anni da parte della BCE, le stime di consenso incorporano un beneficio derivante dagli aumenti molto limitato. Dopo quasi un decennio di tassi negativi e false speranze, la cautela degli analisti sul futuro percorso dei tassi in Europa è comprensibile, ma incorporare rialzi pressoché nulli ci sembra eccessivamente prudente. Questa posizione degli analisti suggerisce tuttavia un forte potenziale di miglioramento degli utili, anche a fronte di un ciclo di rialzi più breve e contenuto di quanto attualmente prezzato dal mercato obbligazionario. Un consenso così scettico rappresenta un’ottima opportunità da sfruttare: ad esempio, quando Standard Chartered ha comunicato i risultati del trimestre, ha suggerito che i margini di interesse netto 2023 potrebbero essere vicini ai livelli 2019, ben al di sopra di quanto previsto dal mercato, e il titolo è balzato del 14% in un giorno.

Tuttavia, non si tratta solo di tassi. Nel primo trimestre, nonostante il difficile contesto caratterizzato da alta volatilità dei tassi e dall’avvio della guerra, le banche europee hanno battuto senza difficoltà le aspettative sui ricavi e sui costi del credito, con un tasso di superamento delle previsioni sugli utili ante-imposte dell’80% e un sorpasso medio del 18%. Nessun istituto ha mancato l’obiettivo del reddito netto da interessi, il multiplo più alto del conto economico di una banca. Allo stesso modo negli Stati Uniti, la maggior parte delle banche ha battuto le stime, con un risultato particolarmente forte sul credito. I ricavi sono destinati ad aumentare con l’accelerare della crescita dei finanziamenti (ricordiamo che i prestiti sono in dollari nominali e non reali) e con l’incremento dei margini di interesse netti. A titolo di esempio, una delle nostre partecipazioni chiave negli Stati Uniti, M&T, ha sorpreso il mercato battendo ampiamente le sue previsioni sul reddito netto da interessi per il primo trimestre (e stima ora una crescita superiore al 50% per questa voce, rispetto al 33% atteso dal mercato). Come molte banche statunitensi ed europee, dispone di un’ampia posizione di liquidità che può ora essere sfruttata a rendimenti molto più interessanti. Le stime degli utili per azione (EPS) per il 2023 sono passate da $14 all’inizio dell’anno a $18, e vediamo potenziale per una crescita a oltre $20. Il titolo viene scambiato a circa 8 volte il valore di consenso, un minimo decennale per il titolo al di fuori della crisi Covid. Il rapporto rischio-rendimento, quindi, appare molto interessante.

Sia in Europa che negli Stati Uniti, vediamo margine per significativi miglioramenti degli utili in diverse banche. I titoli hanno subito un forte ribasso, al punto che le banche europee sono tornate ai loro minimi relativi, e sono oggi scambiate al 50% del multiplo di mercato, rispetto al 60-80% dei due decenni precedenti. I rendimenti da dividendo di molte banche europee forti (e non esposte alla Russia) variano tra l’8% e il 15%, con il rendimento del capitale che torna in primo piano. Nel frattempo, negli Stati Uniti le banche hanno subito un deprezzamento di circa 30% dal picco di febbraio: le valutazioni dei P/E assoluti e relativi sono ora inferiori ai livelli mediani di lungo periodo, rispettivamente a 25% e 35%. Negli ultimi due mesi abbiamo gradualmente aumentato l’esposizione del fondo alle banche regionali statunitensi, passando da una posizione piuttosto insignificante ad una attualmente chiave.

Ma perché le banche stanno sottoperformando, nonostante i forti driver fondamentali? Queste sembrano trovarsi al centro del mirino macroeconomico: infatti, i benefici immediati derivanti dalla crescita nominale e da tassi più elevati sui ricavi sono stati ignorati per i timori di una potenziale recessione, capace di trainare al ribasso le valutazioni. Le stime del PIL in Europa sono state penalizzate dall’aumento dell’inflazione e dai timori per gli effetti secondari della guerra. Tuttavia, i livelli di disoccupazione sono ora i più bassi dalla creazione dell’Eurozona e restano in calo; inoltre, nel corso della pandemia sono stati accumulati €1 trilione di risparmi in eccesso, che dovrebbero attutire lo shock inflazionistico. Negli Stati Uniti, questo cumulo di risparmi supera i $2 trilioni. Le stime di crescita sono state ridotte, ma si attestano ancora al 2.8%, vicino all’estremità superiore dell’intervallo del ciclo precedente: questo livello, pur rappresentando un rallentamento rispetto alle stime precedenti, è ancora ben distante dalla recessione. Inoltre, gli Stati Uniti sono più lontani dall’epicentro della guerra e sono indipendenti dal punto di vista energetico. Vediamo inoltre una forte resistenza all’aumento dei tassi: l’86% dei mutui statunitensi è fisso (a tassi molto bassi per 30 anni) e il 98% delle obbligazioni societarie non finanziarie è fisso, con oltre l’86% con scadenza oltre il 2024. I numeri sono simili in Europa, rispettivamente a 91% e 73%. In poche parole, sia le famiglie che le società sembrano ben posizionate per far fronte all’aumento dei tassi, e ciò significa che le banche dovrebbero beneficiare sia di maggiori ricavi, sia di un contesto creditizio più favorevole rispetto ai cicli di rialzo precedenti.