Commento mensile

Febbraio 2023

Aggiornamento su temi economici e d’investimento

Economia, politica e mercati

Strategia credito globale

Performance.  A febbraio, il fondo Algebris Global Credit Opportunities ha reso tra -0.7% e -0.4% a seconda delle classi azionarie. A titolo comparativo, l’indice EUR HY (BAML HE00) ha chiuso a -0.2%, l’indice US HY (BAML H0A0) a -1.3% e il governativo dei mercati emergenti (BAML EMGB) a -2.7%. Nel corso del mese, la performance (in euro, al lordo delle commissioni) è stata trainata da: (i) Credito: -142pb, di cui -137pb da obbligazioni cash e -4pb da CDS; (ii) Tassi: 74pb; (iii) Valute: -10pb; (iv) Azionario: 12pb; (v) Altro: -1pb.

Dopo l’ottima performance di gennaio, a febbraio i mercati del reddito fisso sono tornati sui loro passi, con i principali indici obbligazionari globali che hanno annullato i guadagni da inizio anno. La causa della debolezza è stata la volatilità dei tassi di interesse dovuta al riprezzamento innescato dai forti dati negli Stati Uniti e dal persistere dell’inflazione in Europa. A febbraio, il mercato ha scontato tagli per il 2023. Gli spread di credito hanno retto bene anche grazie ai dati economici resilienti, determinando una sovraperformance dei segmenti High Yield di mercato. Nonostante il riprezzamento, la nostra strategia è riuscita a conservare gran parte dei guadagni 2023 grazie ad un profilo di duration conservativo e alla riduzione dell’esposizione al credito a fine gennaio.

Posizionamento corrente.  Il fondo continua ad essere lungo sul credito, ma la convinzione è stata ridotta alla luce del recente inasprimento. Abbiamo ridotto l’esposizione ad alcuni titoli ad alto rating ormai stretti per aumentarla nelle aree a rendimento più elevato. L’esposizione netta al credito è rimasta relativamente stabile.

  • Il fondo è investito per il 67% netto in credito, ha una duration di 2.6 anni e uno Yield to Call (YTC) complessivo pari a 7.6%.
  • L’esposizione netta al credito è data da un’esposizione lunga cash del 94% e da un posizionamento short del 7% mediante CDS su singoli emittenti e del 20% attraverso indici.
  • Il mercato ha scontato tagli per il 2023 e prezza ora un tasso terminale del 5.5% negli Stati Uniti e del 4% in Europa.
  • Sebbene sia opportuno prevedere un aggiustamento dei prezzi nei mercati dei tassi come scenario base, il rischio di un riprezzamento dei tassi terminali statunitensi o di un forte irripidimento della curva permangono.
  • Manteniamo la duration al di sotto dei principali indici di credito e una protezione sul rischio di coda contro uno scenario di tassi estremamente alti.
  • I dati si mostrano resilienti sia negli Stati Uniti che in Europa e gli spread di credito rimangono ai livelli medi degli ultimi 5 anni.
  • Riportiamo quindi la nostra attenzione sul credito a più alto rendimento e riduciamo l’esposizione lunga complessiva al credito cash per proteggerci da un eventuale propagarsi della volatilità dei tassi ai mercati del credito.
  • A febbraio, la qualità complessiva del credito del portafoglio cash è scesa di un notch a BB+. Il rapporto tra rendimento e rating rimane tra i migliori che il fondo abbia mai avuto.
  • Sui finanziari, abbiamo ridotto senior e Tier 2 negli Stati Uniti e aumentato gli AT1 in Europa.
  • Sui societari, stiamo riducendo le nuove emissioni che hanno registrato buone performance, in particolare quelle IG, e aggiungendo settori più ciclici (come il residenziale e il leasing di aeromobili) in emittenti con solidi fondamentali. Ci siamo spostati verso crediti con rating più bassi anche all’interno dei singoli settori (es. telecomunicazioni).
  • Sui mercati emergenti, stiamo passando da obbligazioni in dollari BBB a BB e, in generale, stiamo passando da titoli in valuta forte a titoli in valuta locale nei Paesi in cui le banche centrali hanno margine per tagliare.
  • Il portafoglio lungo cash è composto al 55% da finanziari, al 31% da corporate e al 16% dai mercati emergenti.
  • L’esposizione lorda del fondo è del 157%. Il posizionamento corto sul credito è pari al 35%, di cui 8% in credito cash e 27% in CDS (20% indici, 7% CDS su singoli emittenti).

Strategia credito finanziario

Dopo un eccezionale inizio d’anno, febbraio è stato un mese di ritracciamento, con i nuovi dati economici che hanno riportato a galla le preoccupazioni per il persistere dell’inflazione che, a sua volta, renderebbe necessari ulteriori rialzi dei tassi da parte delle banche centrali. Questo è il risultato della combinazione di una crescita dell’occupazione sorprendentemente forte (+517k vs 188k di consenso) e di solidi dati dell’IPC core (+0.4% m/m o +5.6% a/a) negli Stati Uniti e dei più recenti dati dell’area Euro, pubblicati da Francia e Spagna, che indicano un ulteriore rialzo dell’inflazione base. Le aspettative sui tassi si sono mosse di pari passo con lo scontare, da parte dei mercati, di altri 50pb di rialzi da parte della Fed e della BCE in risposta al persistere dell’inflazione.

A febbraio, la performance del credito è stata debole, trainata dal riposizionamento delle aspettative sui tassi. I finanziari sono scesi di 1-1.5 punti lungo tutta la struttura del capitale, con spread invariati o leggermente più stretti che hanno compensato in parte il movimento sui tassi. Al contrario, le azioni bancarie europee hanno segnato un altro ottimo mese, con rendimenti totali del 6.2%, attestandosi come seconda asset class in termini di performance nel mese e sovraperformando significativamente le controparti statunitensi, in calo del 2.3% nello stesso periodo. In questo caso, la performance è stata trainata dai forti risultati 2022, che hanno rivelato appieno i benefici dei tassi sugli utili e hanno portato ad una significativa ripresa delle distribuzioni.

La chiusura della stagione dei risultati del 4° trimestre ha confermato il proseguire dei temi chiave già osservati in precedenza, ossia superamento del reddito da interesse netto (NII) stimato dal consenso del 5% circa, guidato dai tassi più alti e dai bassi beta dei depositi, nonché tendenze rassicuranti sulla qualità degli attivi, con un costo del rischio annualizzato in crescita di circa 10pb nel trimestre e robusti coefficienti patrimoniali che si sono espansi su base sequenziale di 30pb, sulla scia dei maggiori utili. Guardando al margine di interesse netto (NII), i chiari vincitori sono state le banche al dettaglio con i bilanci più sensibili, come quelle di Spagna e Italia, con queste ultime che hanno registrato i superamenti del consenso più ampi del trimestre. Sostenute dal miglior contesto operativo e da solide posizioni patrimoniali, le banche europee continuano a concentrarsi sull’aumento dei rendimenti del capitale attraverso maggiori tassi di payout o mediante nuovi programmi di riacquisto. L’ultimo business plan 2023-2025 di Santander sottolinea proprio questo punto, con il management che ha aumentato il payout ratio obiettivo dal 40% al 50%, pur mantenendo invariato il target di CET1 sopra al 12%.

A febbraio le emissioni primarie sono naturalmente diminuite dopo il picco del mese precedente, con la prima parte del mese che ha rappresentato sostanzialmente un periodo di blackout prima dell’annuncio dei risultati trimestrali. Nonostante ciò, le emissioni di finanziari europei hanno raggiunto circa €36.2 miliardi, inclusi circa €5.6 miliardi di AT1 e circa €18.2 miliardi di Senior Holdco. I prezzi sono rimasti interessanti, in particolare per gli AT1, dove abbiamo partecipato alle nuove emissioni di alcuni dei nostri principali emittenti. Le operazioni più degne di nota sono arrivate verso la fine del mese da Barclays, che ha stampato il più grande AT1 in GBP mai emesso a 9.25%, e HSBC che, con un’operazione AT1 da $2 miliardi e coupon all’8% (il più alto di sempre per l’istituto), completa le sue esigenze di finanziamento per quest’anno. Entrambe le operazioni sono state destinate a rifinanziare chiamate imminenti, il che mantiene invariata l’emissione netta complessiva nello spazio AT1. Al di fuori del capitale, ci aspettiamo che l’offerta di finanziamento rimanga elevata nel primo semestre 2023, prima che il contesto tecnico migliori nella seconda metà dell’anno.

Stategia azionario finanziario

Dopo un ottimo inizio d’anno, a febbraio le azioni finanziarie globali hanno fatto un passo indietro, scendendo del 2.3% in termini USD. La dispersione della performance è stata relativamente ampia, con le banche europee in rialzo del 3.7% in termini USD, mentre le banche statunitensi a grande capitalizzazione sono scese del 2.7% e le assicurazioni europee hanno ceduto quasi il 2%. Tuttavia, i finanziari globali hanno continuato a sovraperformare i mercati più ampi sia nei mesi di forte rialzo che in quelli di forte ribasso, con febbraio che rappresenta il settimo mese consecutivo in cui l’MSCI World Financials supera l’indice MSCI World.

Come possono confermare gli investitori di lunga data nel settore, questa costante e ampia sovraperformance registrata dai finanziari rispetto al mercato non è un fenomeno tipico, ancor più se si guarda alle banche europee, che negli ultimi 15 anni hanno registrato continue e significative sottoperformance sia su base assoluta che relativa. La reazione istintiva sarebbe quindi quella di aspettarsi che qualunque tipo di rialzo a cui abbiamo assistito finora sia destinato a dissolversi. Sebbene nulla scorra in modo lineare, crediamo però che il settore abbia raggiunto un vero e proprio punto di svolta, che potrebbe portare ad anni di forti rendimenti totali.

È importante sottolineare che gran parte del rialzo registrato ad oggi dalle banche europee è stato guidato dagli aumenti degli utili e non dall’espansione dei multipli. Di fatto, le valutazioni del settore restano vicine ai minimi storici e molte delle nostre partecipazioni bancarie trattano ancora a multipli estremamente bassi sia sugli utili che sul patrimonio tangibile. Crediamo che nei prossimi anni assisteremo ad una rivalutazione del settore, quando la resistenza dei bilanci bancari alla crisi Covid, alla guerra, a una crisi energetica e a uno shock del mercato obbligazionario si combinerà con significativi ritorni di capitale, facendo diminuire il costo del capitale azionario dagli attuali alti livelli (COE del 15-19%). Questo è esattamente ciò a cui abbiamo assistito nella prima metà dello scorso decennio con gli assicuratori europei, rivalutati a seguito della Crisi Finanziaria Globale e della Crisi dell’Eurozona da 6x a 11x, quando gli investitori hanno riconosciuto la resilienza dei loro modelli di business (che si trattasse di black box o meno) e sono stati sempre più attratti dai consistenti ritorni di capitale. Per le banche europee ci aspettiamo un percorso simile, e che questa rappresenti la prossima tappa del settore non appena il forte ciclo di aumento degli utili inizierà a ridursi.

Per il momento, tuttavia, il ciclo è ancora in atto e la stagione degli utili del quarto trimestre è risultata indubbiamente solida per le nostre partecipazioni bancarie europee. Segnali di allarme provengono dal settore bancario statunitense, nel quale i costi di finanziamento sono stati spinti al rialzo dal ciclo di aumenti della Fed, mentre il tasso terminale continua a salire. Pur riconoscendo pienamente i rischi di un “picco del margine d’interesse” che hanno colpito alcune banche statunitensi (che, nonostante ciò, hanno guadagnato 9% da inizio anno), crediamo che esistano importanti differenze tra i mercati statunitensi ed europei che dovrebbero contribuire ad isolare almeno in parte questi ultimi dall’aumento dei costi di finanziamento. Ad esempio, diversamente dell’Europa, gli Stati Uniti dispongono di un’industria di fondi di mercato monetario molto matura, che rende facile la sostituzione dei depositi, costringendo le banche a sostenere costi elevati per trattenere depositi che possono defluire in un batter d’occhio. Inoltre, la crescita dei prestiti è stata forte negli Stati Uniti, forzando le banche a competere per ottenere finanziamenti, una situazione molto diversa da quella europea, dove la crescita dei prestiti rimane lenta. In terzo luogo, il livello assoluto dei tassi rimane sostanzialmente più basso in Europa rispetto agli Stati Uniti, il che è importante in quanto il livello critico del costo dei depositi negli Stati Uniti è stato storicamente nella fascia del 3.5-4% (al di sotto di questa soglia, l’inerzia dei clienti era tangibile e i beta dei depositi erano molto bassi). Infine, molte banche europee dispongono di un portafoglio di coperture strutturali in grado di sostenere il reddito da interesse netto negli anni a venire, man mano che i tassi swap a più alto rendimento si riversano sugli utili. Finora, tutto ciò si è tradotto in beta sui depositi estremamente bassi (intorno al 5%) in molte parti d’Europa. Ci aspettiamo che questa situazione persista e che l’aumento dei tassi sostenga l’incremento dei margini d’interesse, ancor più se si considera il fatto che la maggior parte dei team di gestione delle banche europee ipotizza tassi molto più bassi di quelli effettivi (ad esempio, una banca come Soc Gen ipotizza che la BCE riduca i tassi a zero entro il 2025).

In sostanza, pur prendendo atto della forte performance recente e tenendo conto di quanto si sta verificando nelle banche statunitensi, crediamo che la tesi d’investimento a medio termine per le azioni bancarie europee rimanga valida. Guardando all’anno scorso, i titoli bancari scambiano ancora al 40% in meno rispetto al 2015, quando prevaleva una politica di tassi d’interesse negativi e la redditività era la metà di quella attuale. La prospettiva è quindi di una forte rivalutazione e, nell’attesa, le banche ci restituiscono capitale come azionisti per gli anni a venire. Come sempre, la selezione dei titoli resta fondamentale per navigare in questo panorama in continua evoluzione.