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Il curioso caso dei Bond AT1 di Credit Suisse

Un errore di policy non significa la fine dell’asset class

Dopo una settimana di turbolenze sui mercati finanziari e a seguito di una crisi di fiducia, il 19 marzo l’Autorità federale Svizzera di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) ha approvato l’acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS. Nell’ambito dell’operazione, FINMA ha deciso di azzerare i bond AT1 di CS, lasciando invece agli azionisti la possibilità di recuperare almeno parte del valore dei loro investimenti.

I bond AT1 sono un tipo di titoli a reddito fisso introdotti dopo la Crisi Finanziaria Globale allo scopo di rafforzare il livello di capitale delle banche se necessario, senza che il peso della ricapitalizzazione ricada sui contribuenti. L’idea alla base della creazione dei bond AT1 è quella di introdurre un “cuscinetto” tra gli azionisti – i primi a subire perdite in caso di risoluzione o ristrutturazione bancaria – e i depositanti non assicurati, che l’autorità di risoluzione potrebbe voler preservare il più possibile per evitare il rischio di una crisi di fiducia e di una corsa agli sportelli.

La decisione della FINMA di azzerare completamente i bond AT1 di CS senza azzerare anche il valore delle azioni ha sorpreso gli operatori di mercato e innescato una reazione negativa sul comparto AT1. Riteniamo che si tratti di un errore di policy importante da parte di FINMA, che potrebbe avere conseguenze a lungo termine sulla credibilità del framework di risoluzione svizzero in quanto introduce incertezza sull’effettiva gerarchia dei creditori in caso di risoluzione o ristrutturazione delle banche elvetiche. Il valore degli strumenti di debito emessi dalle banche svizzere per rispettare requisiti normativi come il Requisito Minimo di Fondi Propri e Passività Ammissibili (MREL) o la Capacità Totale di Assorbimento delle Perdite (TLAC) delle banche svizzere potrebbe d’ora in poi essere valutata in modo diverso rispetto ad altre giurisdizioni e probabilmente in futuro le clausole di conversione in azioni diventeranno una caratteristica più comune dei bond AT1 emessi dalle banche svizzere, che dovranno rassicurare gli investitori in AT1 che non saranno spazzati via prima degli azionisti.

Allo stesso tempo, riteniamo che questo errore di policy sia legato a una specificità del framework di risoluzione delle banche svizzere e difficilmente sarebbe replicabile ai sensi della Direttiva UE sul Risanamento e la Risoluzione delle Banche (BRRD) o del quadro di risoluzione delle banche del Regno Unito. Questa convinzione è ulteriormente rafforzata dalla pubblicazione di una dichiarazione congiunta da parte del Board di Risoluzione Unico UE (SRB) e dell’Autorità Bancaria Europea (EBA) in cui si chiarisce che, ai sensi del diritto UE, gli azionisti sono i primi ad assorbire le perdite e solo dopo il loro pieno utilizzo verrebbero intaccati i detentori di bond AT1. Una dichiarazione simile è stata rilasciata anche dalla Banca d’Inghilterra.

Proteggere i creditori senior in linea con la gerarchia dei crediti è fondamentale per preservare la stabilità finanziaria nel caso in cui le banche debbano essere ristrutturate o risolte. Questo approccio è stato costantemente applicato negli Stati Uniti e in Europa in casi passati e, più recentemente, nella gestione della Silicon Valley Bank negli Stati Uniti e della filiale britannica della stessa. Non vediamo alcun motivo per dubitare che continuerà ad essere applicato dalle autorità di risoluzione in queste giurisdizioni, e in Europa riteniamo che questo evento potrebbe anche indurre a riaprire la discussione politica – da lungo tempo sospesa – sul completamento dell’Unione bancaria.

Cosa è successo ai Bond AT1 di Credit Suisse?

In generale, gli strumenti AT1 possono essere azzerati in due situazioni.

Il primo caso è quello di una violazione dei requisiti di capitale: se il coefficiente di Common Equity Tier 1 (CET1 ratio) di una banca scende al di sotto di un livello predefinito, che può essere 7% o 5,125% dei suoi Risk Weighted Assets (RWA), gli strumenti convertibili possono essere usati per assorbire le perdite. A seconda del tipo di strumento, possono essere azzerati del tutto o convertiti in equity. Ciò accadrebbe per qualsiasi valore di CET1 inferiore al minimo regolamentare, anche se il CET1 dovesse rimanere sopra lo 0% – il che implica che in caso di violazione dei requisiti minimi di capitale, i bond AT1 potrebbero essere azzerati anche se gli azionisti mantengono un valore residuo.

Questo però non è stato il caso di Credit Suisse: l’ultimo valore riportato per il coefficiente CET1 di CS si attestava al 14% e in un comunicato stampa emesso il 15 marzo le autorità svizzere confermavano che la banca era in linea con i requisiti di liquidità e solvibilità, che implicherebbero un livello di capital molto più alto del limite sotto il quale i bond AT1 possono essere utilizzati per assorbire le perdite. In un secondo comunicato stampa rilasciato il 19 marzo  le autorità svizzere spiegavano che la necessità di intervenire poiché a causa di una crisi di fiducia “c’era il rischio che la banca diventasse illiquida, anche se rimaneva solvibile”. Una situazione di illiquidità può ovviamente trasformarsi in insolvenza se trascinata troppo a lungo, ma l’insolvenza non sembra quindi essere stata causa diretto della decisione di azzerare i bond AT1 di Credit Suisse.

Il secondo caso in cui i bond AT1 possono essere azzerati o convertiti è quando viene fornito sostegno pubblico alla banca, nel contesto di una ristrutturazione o risoluzione. Ciò deriva direttamente dalla dottrina emersa dalla Crisi Finanziaria Globale, secondo cui i creditori delle banche devono farsi carico di parte dei costi della ristrutturazione o risoluzione prima che venga impiegato denaro pubblico. Ciò implica che un certo livello di bail-in dei creditori diventa un prerequisito affinché la banca possa accedere al sostegno pubblico.

Tuttavia, anche in caso di sostegno pubblico l’aspettativa è che il bail-in segua l’ordine implicito nella gerarchia dei crediti, ovvero che gli azionisti vengano azzerati per primi, seguiti dagli obbligazionisti, fino ai depositi non assicurati. Nel caso di CS, ciò non è avvenuto. Nonostante fossero tecnicamente senior rispetto agli azionisti, i detentori di bond AT1 sono stati completamente azzerati mentre agli azionisti è stato concesso di preservare un valore di 3 miliardi di franchi svizzeri.

Come è stato possibile?

Quanto accaduto sembra essere connesso ad una specificità della legge bancaria svizzera in merito al potere che FINMA può esercitare durante la procedura di ristrutturazione di un istituto di credito. Tra questi ci sono il ​​potere di convertire in patrimonio netto parzialmente o integralmente e/o di svalutare le obbligazioni della banca, inclusi i bond AT1.

Questi poteri sono comuni alle autorità di risoluzione nelle principali giurisdizioni finanziarie mondiali. La particolarità di FINMA, tuttavia, è che sembra mantenere una maggiore flessibilità rispetto alla maggior parte delle autorità di risoluzione quando si tratta di come questi poteri possono essere esercitati. FINMA infatti ha la facoltà di non seguire alcun ordine di priorità quando decide di cancellare i passivi di una banca in sede di ristrutturazione, il che significa che il debito potrebbe essere cancellato in tutto o in parte prima della cancellazione in tutto o parte del capitale proprio.

La parola chiave qui è facoltà, in quanto suggerisce che FINMA non abbia l’obbligo di procedere come ha fatto nel caso Credit Suisse, ma abbia la flessibilità per farlo – e così abbia deciso di fare domenica 19 marzo. Secondo il ministro delle finanze svizzero Karin Keller-Sutter (vedi min. 13:14 della conferenza stampa qui), tutte le decisioni prese tra il 16 e il 19 marzo dal Consiglio federale svizzero si sono basate sul Notrecht, ovvero la legge d’emergenza. Questo può essere considerato come un ordine esecutivo – che è regolato dall’articolo 184 (3) e dall’articolo 185 (3) della Costituzione federale svizzera. La legge d’urgenza è temporanea e deve essere sostituita dalla legge ordinaria, il che significa che il Consiglio federale dovrà presentare un nuovo disegno di legge al Parlamento entro 6 mesi.

A nostro avviso, la decisione di esercitare tale potere discrezionale è stato un grave errore di policy da parte di FINMA. Introduce una distorsione nella gerarchia dei crediti nel sistema finanziario svizzero e solleva interrogativi su quale sia la reale seniority dei detentori di debito senior nelle banche svizzere. Di conseguenza, il valore dei titoli di debito emessi dalle banche svizzere per soddisfare i requisiti MREL e TLAC potrebbero ora essere considerati in modo diverso rispetto ad altre giurisdizioni e le banche svizzere potrebbero avere maggiori difficoltà a raccogliere fondi per soddisfare tali requisiti.

In Europa, virtualmente solo gli AT1 di CS e UBS contengono clausole di azzeramento permanente, mentre i bond AT1 delle altre grandi banche nell’UE e del Regno Unito sono bilanciate 50-50% tra meccanismi di conversione in azioni e svalutazione temporanea. D’ora in poi, ci aspettiamo che le clausole di conversione in azioni diventino una caratteristica più comune dei bond AT1 emessi dalle banche svizzere, che si troveranno certamente nella condizione di dover rassicurare gli investitori in AT1 riguardo al loro grado di seniority rispetto agli azionisti.

Uno scenario simile sarebbe possibile anche in UE?

Siamo convinti di no – e la recente pubblicazione di una dichiarazione congiunta delle autorità Europee ribadisce chiaramente che la gerarchia dei creditori ai sensi del diritto dell’UE.

In UE, il sostegno finanziario pubblico straordinario a una banca è normalmente condizione sufficiente per innescare il processo di risoluzione (e quindi un bail-in dell’8% delle passività), a meno che tale sostegno non sia di tipo “precauzionale”, ovvero richiesto per “rimediare a un grave turbamento l’economia di uno Stato membro e preservare la stabilità finanziaria”. Una garanzia statale a linee di liquidità fornite dalle banche centrali, una garanzia statale di passività di nuova emissione e persino un’iniezione di fondi propri (a determinate condizioni) rientrerebbero tipicamente in questa categoria. Una situazione simile al caso Credit Suisse verrebbe gestita ordinatamente nel quadro BRRD senza che le autorità nazionali debbano ricorrere a poteri emergenziali.

Nel caso di attivazione del bail-in, l’articolo 48 della BRRD è estremamente chiaro su quale sia l’ordine gerarchico, quando si aggrediscono le passività: gli azionisti verrebbero colpito per primi, seguiti da detentori di bond AT1, detentori di strumenti Tier 2 (T2), altri crediti subordinati che non siano AT1 o T2 secondo la gerarchia dei crediti nelle normali procedure di insolvenza, e solo se quanto sopra non è sufficiente a riportare il capitale al suo minimo regolamentare, i depositi non assicurati.

In caso di applicazione del bail-in, la BRRD asserisce esplicitamente che i creditori possono essere azzerati “se e solo se” la categoria di creditori immediatamente junior a loro è stata azzerata precedentemente. L’articolo 48 (5) della BRRD afferma che “nel decidere se le passività debbano essere svalutate o convertite in capitale, le autorità di risoluzione non devono convertire una classe di passività, se una classe di passività subordinata a tale classe rimane sostanzialmente non convertita a patrimonio netto o non svalutata”.

Vi è una certa flessibilità anche nel quadro UE, in quanto le autorità di risoluzione possono esentare determinate passività dal bail-in. Tuttavia, questa flessibilità è formulata in termini molto più ristretti rispetto a quanto sembra essere il caso nel caso svizzero. L’articolo 44(3) di BRRD stabilisce le “circostanze eccezionali” in cui ciò può accadere, ma pur aprendo all’esenzione dei depositi, nessuna di tali esenzioni sembra suggerire che il debito possa essere completamente azzerato prima che siano azzerati gli azionisti. Più specificamente, le autorità di risoluzione UE possono esentare le passività dal bail-in se:

  1. non è possibile eseguire il bail-in entro un termine ragionevole;
  2. l’esclusione è strettamente necessaria ed è proporzionata per conseguire la continuità delle funzioni essenziali e delle linee di attività principali in modo da mantenere la capacità dell’ente soggetto a risoluzione di continuare le operazioni, i servizi e le operazioni fondamentali;
  3. l’esclusione è strettamente necessaria e proporzionata per evitare di provocare un diffuso contagio, in particolare per quanto riguarda i depositi ammissibili detenuti da persone fisiche e da micro, piccole e medie imprese, che perturberebbe gravemente il funzionamento dei mercati finanziari, compresi quelli del mercato finanziario infrastrutture, in modo tale da provocare un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro o dell’Unione;
  4. l’applicazione dello strumento del bail-in a tali passività provocherebbe una distruzione di valore tale che le perdite sostenute dagli altri creditori sarebbero maggiori che se tali passività fossero escluse dal bail-in.

Quindi, mentre una soluzione come quella implementata dalle autorità statunitensi per la Silicon Valley Bank – con completo azzeramento di azionisti e creditori ma piena protezione dei depositanti, anche non assicurati – sarebbe del tutto possibile nel contesto UE, una soluzione come quella implementata da FINMA per CS – con l’azzeramento dei detentori di bond AT1 senza l’azzeramento degli azionisti in assenza di una violazione dei requisiti di capitale – non sembrerebbe possibile.

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