The Algebris Bullet

The Silver Bullet | La rivoluzione pandemica

La storia non si evolve seguendo un percorso lineare, ma subendo continue accelerazioni e rallentamenti. Gli investitori spesso si concentrano sul breve termine, partendo dal presupposto che le attuali infrastrutture economiche e politiche perdurino nel tempo. Ci sono decenni in cui non succede nulla; e ci sono settimane in cui succedono decenni – commentava Lenin in merito alla rivoluzione russa. L’attuale pandemia Covid-19 e le risposte politiche stanno mettendo in discussione il capitalismo: sta ai contribuenti salvare le aziende i cui azionisti hanno beneficiato di dividendi, pagando poche tasse? Chi pagherà il debito pubblico?

Le risposte a queste domande porteranno ad un’accelerazione nella storia, con l’avanzare di  idee di politica economica e concetti geopolitici sviluppatisi nell’ultimo decennio.

Il capitalismo e la globalizzazione non sono riusciti a distribuire la ricchezza in maniera efficiente. I tassi di crescita sono diminuiti dal dopoguerra in poi, per ragioni strutturali note come stagnazione. Tuttavia, con il rallentamento della crescita economica, i rendimenti del capitale hanno superato quelli del lavoro. I salari reali mediani sono rimasti immutati negli ultimi trent’anni, mentre i profitti aziendali e la disuguaglianza sono saliti alle stelle. Le imprese hanno modellato il sistema economico a loro vantaggio, con regole fiscali e leggi antitrust che tollerano i monopoli, come sottolineano G. Zucman e J. Tepper in The Hidden Wealth of Nations e The Myth of Capitalism.        

A fronte di guadagni individuali e perdite comuni, il capitalismo non è più capitalismo. Come nella crisi finanziaria del 2008, la pandemia di quest’anno ha dimostrato che l’attuale sistema economico basato su società a responsabilità limitata che operano esclusivamente nell’interesse degli azionisti dipende in ultima analisi dai bilanci nazionali. La necessità di un intervento pubblico per il salvataggio del settore privato era già evidente nei programmi di quantitative easing delle banche centrali. Con il salvataggio di interi settori da parte dei governi, la transizione verso l’intervento statale è ancora più esplicita.

Il settore aereo ne è un esempio lampante. Molti vertici di compagnie aeree si sono ritirati con i loro guadagni, lasciando a terra aerei e dipendenti. Il fondatore di EasyJet si è pagato un dividendo di £60 milioni a marzo. Richard Branson, proprietario della Virgin Atlantic e residente alle Isole Vergini, ha chiesto al Regno Unito £500 milioni e all’Australia altri £700 milioni.

È probabile che saranno i contribuenti e gli investitori a pagare il conto e che i governi impongano restrizioni al riacquisto di azioni o dividendi, mentre i settori e le aziende strategiche (i più grandi datori di lavoro) beneficeranno di maggiore protezione.

Di conseguenza, il debito pubblico aumenterà e diventerà più rischioso. Molti Paesi avanzati vedranno i propri livelli di debito superare il 100% del PIL, tra cui Francia e Regno Unito. In futuro, ciò esporrà i detentori di obbligazioni a rendimenti negativi rispetto all’inflazione. Alcuni non saranno in grado di ripagare: il FMI e la Banca Mondiale hanno chiesto la cancellazione del debito per 76 delle nazioni più povere, compresi i prestiti bilaterali.

Le banche centrali continueranno ad agire, per limitare l’aumento dei costi di finanziamento dovuto all’aumento del debito pubblico. La Fed ha recentemente annunciato ulteriori $2.3trilioni in acquisti di attivi, tra cui debito High Yield. La Banca d’Inghilterra ha potenziato la struttura per finanziare direttamente il Tesoro, muovendosi verso la monetizzazione del debito. Ad oggi solo la Banca del Giappone sta controllando l’intera curva dei rendimenti, ma ciò potrebbe diventare presto la norma in altri Paesi: un nuovo documento della Federal Reserve illustra come negli anni ‘40 la Fed controllava i rendimenti dei governativi a lungo termine. Perdendo la loro indipendenza, le banche centrali rimarranno probabilmente bloccate in questi programmi per il prossimo futuro, diventando da acquirenti di ultima istanza ad acquirenti di prima istanza.

Questa pandemia lascerà il mondo con più debito, disuguaglianza e prove di una cattiva governance da parte delle istituzioni globali. Chi emergerà per risolvere questi problemi? I Paesi si coordineranno o lotteranno egoisticamente? La politica monetaria ha fornito finora un palliativo, ma non può risolvere problemi strutturali come la mancanza di produttività o le interruzioni nella catena di produzione.

In assenza di soluzioni strutturali, il risultato sarà una combinazione di svilimento monetario, populismo e disordini sociali. Questo non è un fenomeno nuovo. Nella migliore delle ipotesi, ciò si tradurrà in una riduzione del debito pubblico e un contenimento dell’inflazione. Tuttavia, la storia suggerisce il contrario: mentre l’impero romano si sgretolava, si riduceva il quantitativo d’argento contenuto nelle monete; Enrico VIII sostituì le monete d’argento con il rame per pagare le guerre contro la Francia e la Scozia; l’impero britannico permise inflazione a due cifre pur di erodere i guadagni degli obbligazionisti dopo la Guerra d’Indipendenza; la Repubblica di Weimar precipitò in una spirale inflazionistica. Nella peggiore delle ipotesii, la storia dimostra che quando gli stati nazionali prendono il controllo dell’economia, il denaro cessa di essere un deposito di valore – diventa un mero strumento per garantire la loro sopravvivenza.

La nostra società basata sul libero mercato ha bisogno di un cambiamento per sopravvivere. In futuro i contribuenti metteranno in discussione le aziende che oggi ricevono prestiti a bassi tassi di interessi e valuteranno il loro comportamento. Gli obbligazionisti, ora costretti a bassi rendimenti, potrebbero in ultima istanza soffrire per l’aumento dell’inflazione. La liquidità delle banche centrali non sarà un aiuto universale. Pertanto, questa crisi sarà un’opportunità per riformare il capitalismo e i meccanismi di salvataggio, favorendo una maggiore condivisione tra tutte le parti coinvolte. La transizione non sarà semplice: alcune imprese e Paesi emergeranno come vincitori, altri avranno più difficoltà.

Vincitori e vinti nel mondo post-Covid

Vediamo un trasferimento di rischio dal settore privato a quello pubblico, e maggiore valore nei titoli di alcune aziende e banche rispetto ai governativi. Infatti, diversi settori riceveranno sostegno e tutti i governi aumenteranno il debito. I governi forti avranno più spazio per aiutare le proprie imprese rispetto quelli deboli. In questo contesto, il sostegno del settore pubblico sarà importante almeno quanto la qualità dei bilanci delle imprese – un’impresa debole in un Paese forte può sopravvivere, mentre un’impresa forte in un Paese debole può non sopravvivere.

Gli Stati Uniti e la Germania hanno già messo in atto le più ingenti misure di sostegno al credito, sia per le grandi imprese che per le PMI. La Fed sta ora acquistando obbligazioni al di sotto dell’investment grade, ed entrambi i Paesi hanno avviato programmi per garantire i prestiti alle PMI.

Le migliori aziende a livello nazionale verranno supportate in una maniera che favorirà il credito. Le case automobilistiche tedesche, ad esempio, godono ancora dell’accesso al mercato grazie alla garanzia implicita offerta dalle partecipazioni statali. Negli Stati Uniti, i salvataggi impliciti avvengono grazie al programma speciale di acquisti, annunciato di recente dalla Fed. Le grandi compagnie aeree si avvalgono di linee di credito pubbliche, che in questa fase migliorano la solvibilità.

Oltre ai settori sostenuti dal governo, le banche, i servizi pubblici e le telecomunicazioni offrono buone opportunità. A differenza del 2008, le banche sono ora parte della soluzione e sono il canale necessario per la trasmissione del credito all’economia reale – quello che il Comitato di Basilea ha definito l’ultimo miglio. I coefficienti patrimoniali delle principali banche europee sono ora in media del 14%, il doppio rispetto al 2008.

I più svantaggiati saranno i settori con maggiore leva finanziaria e senza il sostegno dei governi: ad esempio vendite al dettaglio e settore energetico. Le imprese con maggiore leva in questi ambiti hanno già subito forti perdite.

Nei mercati emergenti, la crisi causata dal Covid-19, combinata con i bassi prezzi del petrolio, si ripercuoterà sulla crescita, mettendo a dura prova i Paesi con alti livelli di debito estero. La capacità delle economie in via di sviluppo di superare questa fase dipenderà dalle riserve di liquidità, dalla portata e dai tempi del sostegno fornito.

Le prospettive sono preoccupanti per America Centrale, America Latina e Africa subsahariana, dove sia il debito a breve termine che la dipendenza dalle materie prime sono elevati. Tra i più grandi Paesi emergenti, Turchia e Sudafrica partono svantaggiati, mentre Indonesia, Russia, Brasile e Messico hanno margini più ampi per far fronte agli shock esterni. La proposta di un ampio pacchetto a sostegno di questi Paesi da parte del FMI non sta avendo grande successo, soprattutto da parte degli Stati Uniti. Piccoli programmi ad hoc possono ancora aiutare, ma non sono sufficienti a sostenere le economie più deboli.

Infine, i governativi dei Paesi avanzati non sembrano attraenti. Per ora, i rendimenti rimangono bassi grazie ai massicci programmi di QE adottati dalle principali banche centrali. Tuttavia, è probabile che l’inflazione e i grandi piani di emissione esercitino una pressione al rialzo sulle curve una volta superata la fase più acuta della crisi. Anche se le banche centrali dovessero riuscire a controllare le curve, i rendimenti rispetto l’inflazione saranno probabilmente scarsi, a fronte di livelli di debito in aumento.

Il nostro posizionamento

Oggi il Macro Credit Fund (SLVBTBU ID) offre un rendimento superiore al 5% in Euro, con un rating medio di BBB. Siamo investiti al 70%, in aumento rispetto al 45% di inizio febbraio. Ciò significa che abbiamo ancora molta liquidità da impiegare in emittenti resilienti.

Abbiamo usato il sell-off come un’opportunità per ottenere rendimenti interessanti in aziende di alta qualità, come abbiamo spiegato nella pubblicazione The Silver Bullet | Nothing Left To Sell e nel nostro recente podcast.

Abbiamo acquistato principalmente obbligazioni Investment Grade di aziende nei settori delle telecomunicazioni e utility, quali ENEL, ENI e Vodafone. Abbiamo adottato un approccio molto selettivo rispetto all’High Yield e ai settori ciclici,. Ci siamo concentrati su nomi di eccellenza con bilanci solidi e ampia liquidità, e sulle aziende più idonee a ricevere aiuti di stato, come VW e Ford. Al contrario, abbiamo finora evitato emittenti in settori ciclici con rating B, poichè è improbabile che ricevano sostegni dal governo.

Manteniamo un atteggiamento prudente nei confronti degli emergenti e selettivi sia sui governativi che sul debito societario. Continuiamo a preferire le obbligazioni in hard piuttosto che local currency. Abbiamo un posizionamento corto in valute di Turchia e Sudafrica, e ci concentriamo su poche posizioni lunghe in Indonesia, Russia e aziende statali come Petrobras e Pemex, in hard currency.

Attualmente, vediamo l’opportunità più interessante nel debito High Yield con rating B, soprattutto emesso da società che beneficeranno del supporto del governo e di flussi di cassa positivi. Vediamo forte potenziale al rialzo in società HY che sono legate alla ripresa della crescita (ad esempio il settore automobilistico), che offrirebbero rendimenti elevati qualora lo scenario migliorasse. È probabile che i mercati rimangano volatili, ma pensiamo che gli investitori pazienti saranno ricompensati.

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