Cina – Un po’ di easing non guasta.
Le preoccupazioni sul rallentamento dell’economia hanno finalmente innescato un quantitative easing da parte delle autorità cinesi. Gli indicatori ad alta frequenza del commercio e della produzione industriale sono peggiorati notevolmente nel quarto trimestre del 2021, e la maggior parte degli analisti ora percepisce che la crescita della Cina si collochi nell’intervallo del 4-5% per il 2022, valore che si avvicina al più basso degli ultimi 15 anni. Il potenziale di debolezza economica si riflette anche nella bassa inflazione e nel rallentamento della creazione di credito. Dopo essersi arrangiate per la maggior parte dell’anno scorso, le autorità hanno risposto con un easing moderato. Nell’ultima settimana, la People Bank Of China ha tagliato i principali tassi di politica di 10 pb. Questo segue due tagli moderati dei requisiti di riserva obbligatoria nella seconda metà del 2021. La PBOC ha aperto alla possibilità di un ulteriore easing più avanti nel primo trimestre del 2022. Inoltre, la PBOC ha assunto dei provvedimenti per allentare lo stress del credito per gli sviluppatori in difficoltà, consentendo la collateralizzazione delle prevendite nelle linee di credito di libera circolazione. Questa mossa di allentamento segnala la presenza di un senso di disagio delle autorità nei confronti dell’economia attuale. La crescita sta rallentando rapidamente e la stretta creditizia nel settore immobiliare non sembra vicina alla fine. Eppure, la quantità di stimolo è relativamente bassa, soprattutto considerando la presenza di restrizioni a intermittenza tra la diffusione della variante Omicron. Rimaniamo cauti sulla crescita cinese nella prima parte del 2022, e crediamo che saranno necessari più stimoli per resistere ai molteplici shock provenienti dal Covid e dagli sviluppatori immobiliari. L’instabilità della Cina si aggiunge alle argomentazioni a favore di un USD forte e di una visione cauta dei mercati emergenti nell’attuale fase di mercato.
Italia – Settimana presidenziale.
A partire dal 24 gennaio, il Parlamento italiano voterà per il prossimo presidente. Il presidente in carica Sergio Mattarella lascerà probabilmente il suo incarico dopo 7 anni di mandato. Il mercato oscilla tra due possibilità: un’elezione di Mario Draghi come presidente o un’elezione guidata di un personaggio di alto profilo. La prima ipotesi rappresenterebbe una svolta positiva a lungo termine per l’Italia, in quanto Draghi avvantaggerebbe la governance e la reputazione dell’Italia per altri sette anni, al posto di un solo anno rimanente del suo mandato di premier. Tuttavia, ciò potrebbe generare una certa volatilità di breve termine, dato che il posto di premier sarebbe vacante, aprendo la possibilità di elezioni anticipate. Un profilo di alto rango eviterebbe il rischio di breve termine, ma vi potrebbe generare incertezze nel lungo, soprattutto perché in questo caso le elezioni del 2023 potrebbero essere accoppiate alla stretta della BCE. Vediamo Draghi come la via di minor resistenza per il Parlamento attuale, anche se riconosciamo che il gioco sia abbastanza aperto. Se Draghi venisse eletto, però, crediamo che potrebbe comportare un accordo politico riguardo ad un “governo di cura” tecnico, volto a portare il Paese alle elezioni del 2023. Pertanto, consideriamo il rischio di elezioni anticipate essere relativamente basso. La volatilità degli spread dei BTP dovrebbe quindi rimanere contenuta per il momento, anche se potremmo vedere qualche 20-30 pb di allargamento nel corso della prossima settimana, visti i livelli iniziali stretti e la direzione dei tassi. Continuiamo a sostenere uno scarso rapporto rischio/rendimento nei BTP italiani, dato che gli spread stretti beneficiano del 35% di proprietà della BCE nell’asset, e potrebbero rapidamente invertire la rotta una volta che i segnali di inasprimento incontrino il rumore delle elezioni alla fine del 2022.
Fed – Riunione dei falchi in vista.
Mercoledì, la Fed terrà la sua prima riunione di politica monetaria dell’anno. Alla riunione, il tono sarà probabilmente aggressivo (hawkish). Da quando la Fed ha accelerato il tapering a novembre l’inflazione è aumentata al 7%, e più membri del Comitato di Politica Monetaria si sono espressi sulla quantità e il ritmo dei rialzi per il 2022, includendo alcuni membri che storicamente propendevano per un atteggiamento accomodante (dovish). Il mercato del lavoro statunitense rimane molto forte e i prezzi al consumo sono ora guidati da fattori permanenti, come i servizi. Inoltre, l’inflazione sta assumendo sempre più un’accezione politica, con la Casa Bianca che la pone in cima alle sue priorità economiche per il 2022. Alla riunione, è probabile che la Fed fornisca maggiori indicazioni sul numero di rialzi, che il mercato ora si aspetta siano 4, a partire da 25 pb a marzo. Inoltre, Powell dovrà chiarire la quantità e la sequenza della stretta quantitativa, che è stata recentemente discussa come uno strumento di stretta che la Fed è pronta a utilizzare. I mercati ora valutano bene l’entità dei rialzi del 2022, ma meno la quantità di riduzione del bilancio. Il rendimento Treasury a 30 anni è ancora ancora del 2,1%, molto al di sotto dell’inflazione, e gli spread 5-30 sono ora di 50 pb, vicini ai minimi a 5 anni. Il mercato si aspetta quindi dei rialzi, ma con la speranza che questi funzionino rapidamente al fine di ridurre l’inflazione, e non considera affatto una riduzione del bilancio. La riunione della Fed potrebbe quindi trasformarsi in un campanello d’allarme per la parte lunga della curva, con un impatto potenzialmente forte sui mercati del credito e sui deflussi obbligazionari.

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