Market Views

GLOBAL CREDIT BULLETS | Lunedì 7 febbraio 2022

BCE – L’ultima colomba vola via.
La prima riunione della BCE del 2022 ha generato una forte sorpresa hawkish. Nonostante nessun cambiamento di politica sia stato introdotto, la comunicazione è cambiata drasticamente. Alla conferenza stampa, la Presidente Lagarde ha rifiutato di escludere rialzi nel 2022, subordinando le decisioni sui tassi ai dati e attribuendo un peso elevato alla revisione delle previsioni di marzo. Inoltre, il linguaggio sull’inflazione è cambiato, con il concetto di “transitorietà” rapidamente sostituito da una preoccupazione “per i potenziali rischi al rialzo. L’insieme dei due suggerisce che il percorso dell’inflazione sarà rivisto al rialzo nelle proiezioni di marzo, giustificando dei ritocchi ai tassi nel quarto trimestre del 2022. Infine, la BCE ha anche sottolineato che i rialzi possono avvenire solo una volta completato il tapering. Dati i commenti da falco sull’inflazione, ciò suggerisce che gli acquisti potrebbero essere completamente eliminati prima dell’estate, e ben prima che gli orientamenti attuali suggeriscano. L’atteggiamento da falco della BCE ha innescato un forte repricing nelle curve europee. I bund a 10 anni si trovano ora saldamente in territorio positivo, con circa 20pb di rendimento, e lo spread BTP-Bund si aggira ora intorno ai 160pb, il livello più alto degli ultimi due anni. I mercati stanno ora valutando 50pb di rialzi nel 2022, con l’inizio del ciclo a giugno, in linea con quanto prezzato per la Fed. Nel contesto di un’inflazione forte e in accelerazione, i tassi di mercato dell’Eurozona potrebbero dover continuare a ridefinire i prezzi. Il movimento in corso nel debito pubblico dei Paesi core e periferici europei può dunque, secondo noi, proseguire. Il credito ha iniziato a muoversi di recente, con i CDS (Credit Default Swap) che hanno raggiunto rapidamente i livelli visti per la prima volta nel 2018. I cash bond sono più resistenti, ma anch’essi subiranno il peso dei graduali deflussi. Alla luce del livello dell’inflazione, non riteniamo ancora i tassi e i titoli di Stato interessanti. Per quanto riguarda il credito, iniziamo a notare che alcune aree prezzano la debolezza, ma non pensiamo che sia ancora il momento di iniziare a comprare. Gli investitori obbligazionari dovranno essere cauti e selettivi per il resto del 2022, soprattutto nell’Eurozona.

Banca d’Inghilterra – Mal di testa da inflazione.
La scorsa settimana, la Banca d’Inghilterra si è detta alquanto impensierita dall’inflazione. Come già prezzato dal mercato, la banca centrale ha aumentato i tassi di 25pb allo 0,5% ma – non comune nelle banche centrali dei mercati sviluppati – quasi la metà (4 su 9 membri) del comitato ha votato per un aumento di 50pb. Inoltre, gli acquisti di obbligazioni corporate, introdotti come misura di alleggerimento durante la pandemia, saranno azzerati a partire dal mese prossimo. L’inflazione nel Regno Unito oscilla tra il 5% e il 6%, con le componenti core che mostrano chiari segnali di aumento in questo momento, oltre all’energia. La pressione salariale è in forte aumento, e i prezzi degli alimentari mostrano ora aumenti annuali tra il 5% e il 15%, a seconda della categoria. Le preoccupazioni sull’inflazione sono, quindi, molto forti come suggeriscono i recenti commenti del banchiere centrale Bailey. Rimaniamo complessivamente cauti sull’inflazione nel Regno Unito, notando che l’impatto della Brexit si aggiunge alle dinamiche della politica monetaria. La BoE sta ora reagendo, ma la comunicazione è stata molto incerta negli ultimi mesi, con una svolta dovish a novembre seguita da una rapida mossa hawkish, e tassi di interesse reali paragonabili ai livelli europei nonostante un’inflazione più alta e un’economia più forte. Sospettiamo quindi che la comunicazione sui tassi d’interesse e sulla politica monetaria dovrà diventare più aggressiva nelle prossime settimane, con una conseguente prosecuzione dell’andamento dei tassi front-end e dei gilt.

Tech USA – L’inflazione miete vittime.
Il settore tech statunitense ha vissuto una settimana impegnativa, con le large cap del settore in calo del 20-25% su revisioni relativamente piccole nelle earnings guidance. L’indice Nasdaq è ora in calo del 12% su base annua, dopo una forte sovraperformance nel 2020 e nel 2021. Pensiamo che i titoli tecnologici statunitensi siano dei buoni esempi di “vittime dell’inflazione”. Le valutazioni nel settore sono aumentate in maniera imponente negli ultimi tre anni a causa dei tassi bassi e dell’aumento del QE, poiché il settore era l’unico ad offrire agli investitori una crescita degli utili decente in un mondo a tassi e crescita zero. Inflazione e tassi più elevati innescheranno sia una forte revisione dei multipli tech, che una probabile nuova valutazione del potenziale di crescita delle large cap e delle nuove IPO nell’indice. Il mercato statunitense sta ancora negoziando ad un PE del 25% sopra la media storica, nonostante la correzione di gennaio, suggerendo un ulteriore ribasso nell’imminente ciclo di tightening della Fed. Crediamo che i “paper asset” e i “bubble asset” continueranno ad essere sotto pressione nel 2022, sia per l’aumento dell’inflazione che per l’aumento dei tassi di interesse reali. La tecnologia statunitense è il primo e più evidente caso, ma gli investitori dovrebbero rivolgere la loro attenzione anche alle aree di sopravvalutazione del credito europeo, del credito IG e del debito dei mercati emergenti, poiché il denaro facile ha gradualmente spinto al rialzo le valutazioni anche in questi settori negli ultimi tre anni.


Alberto Gallo – Portfolio Manager Global Credit Opportunities Fund

Gabriele Foà – Portfolio Manager Global Credit Opportunities Fund

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