Con la fine del primo semestre del 2025, il focus dei mercati rimane centrato sugli Stati Uniti e sull’amministrazione americana. L’outlook per la seconda metà dell’anno è orientato verso un rallentamento dell’economia.
Nonostante un temporaneo allentamento della politica tariffaria dell’ex presidente Trump, il livello medio delle tariffe statunitensi si attesta ancora attorno al 20%, il valore più elevato degli ultimi quarant’anni. In questo contesto, nei soli ultimi due mesi, la dogana americana ha raccolto circa 40 miliardi di dollari, risorse che vengono di fatto sottratte all’economia reale. Un livello tariffario così elevato rappresenta una tassa globale, che riduce la liquidità disponibile nel sistema economico, trasferendola al bilancio federale. Di conseguenza, la politica fiscale americana ha assunto un carattere restrittivo, in netto contrasto con l’impostazione fortemente espansiva degli ultimi due anni.
Tariffe, incertezza e segnali anticipatori di rallentamento
L’approccio economico dell’amministrazione statunitense ha inoltre generato un forte aumento dell’incertezza macroeconomica. Il sentiment dei consumatori si colloca attualmente ai livelli più bassi degli ultimi cinque anni, mentre gli indici di incertezza economica sono ai massimi da un decennio.
In periodi di elevata incertezza, le imprese tendono a rimandare piani di investimento e assunzione: ciò risulta evidente sia nelle survey dedicate agli imprenditori americani, sia nelle indicazioni prospettiche (guidance) fornite dalle aziende in merito agli utili.
Pur non essendo ancora osservabile un rallentamento marcato nei dati macroeconomici “hard”, nei dati “soft” – e in parte anche nel mercato del lavoro – iniziano ad emergere segnali coerenti con un rallentamento in atto.
In generale, nel secondo semestre dell’anno ci si attende che la politica economica diventi più restrittiva rispetto ai due anni precedenti.
Sul fronte fiscale, il deficit statunitense, inizialmente previsto al 7–7,5% del PIL, è ora rivisto verso il 5,5–6%, indicando un’impostazione meno espansiva di quanto temuto a inizio anno. Sul fronte monetario, la Federal Reserve ha chiarito che i tagli dei tassi non avverranno nei prossimi mesi, e secondo le nostre previsioni non ci saranno tagli nel 2025. Le tariffe contribuiscono infatti ad alimentare l’inflazione, e questo vincola l’azione della Fed.
Rallentamento e inflazione in calo
A livello globale, la situazione non appare migliore. Le tariffe colpiscono duramente le economie al di fuori degli Stati Uniti, e la forza del dollaro – che si sta apprezzando nei confronti delle valute globali – costituisce un ulteriore ostacolo alla crescita. Di conseguenza, le economie extra-USA si avviano verso un rallentamento dell’attività economica accompagnato da un calo dell’inflazione.
Lo scenario previsto per la seconda metà del 2025 è quindi caratterizzato da una crescita più debole, un’inflazione leggermente più alta negli Stati Uniti e più bassa al di fuori.
Trovare valore nei mercati dislocati
Lo scenario economico prospettato contrasta con il pricing attuale degli asset di rischio, che sono tornati ai massimi dell’anno. Dopo un breve periodo di avversione al rischio successivo al Liberation Day, i mercati dell’equity, del credito e della volatilità hanno recuperato rapidamente, evidenziando una forte preferenza per il rischio, come se nulla fosse accaduto nel corso dell’anno.
Tale dinamica rappresenta una delle più marcate dislocazioni nei prezzi degli ultimi anni. In particolare, il segmento del credito, con spread intorno ai 300 punti base – su livelli storicamente compressi – appare vulnerabile, soprattutto alla luce dei forti flussi registrati negli ultimi due anni, legati alla ricerca di rendimento.
In controtendenza, la duration torna ad essere un elemento interessante. Negli Stati Uniti, i tassi reali si mantengono elevati e non sono scesi a causa della tensione tra rallentamento economico e politica fiscale. Tuttavia, se nella seconda metà dell’anno il bilancio federale dovesse risultare migliore del previsto e la crescita più bassa delle attese, vi sarebbe spazio per un calo dei tassi reali.
Al di fuori degli Stati Uniti, la duration si conferma interessante per ragioni diverse: i tassi reali sono alti, mentre inflazione e crescita sono in rallentamento. Le banche centrali extra-USA avranno margine per proseguire nei tagli dei tassi, sostenendo il mercato del reddito fisso.
È tempo di selettività
Nel complesso, l’equilibrio dei rischi macroeconomici si è spostato decisamente verso il rallentamento. L’attività economica globale sta rallentando, la politica si sta inasprendo e i mercati potrebbero sottovalutare questi rischi. In questo contesto, è fondamentale un elevato livello di selettività. La duration appare più interessante del beta del credito ampio. All’interno del credito, un attento posizionamento nei segmenti di alta qualità può ancora produrre rendimenti interessanti.
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