Dati – Virata verso sud.
Questa settimana l’attenzione del mercato si è rapidamente spostata sulle possibilità e sull’entità di un rallentamento economico. In Europa, i Purchasing Managers’ Indices (PMIs) di giugno hanno sorpreso al ribasso, con valori appena sopra i 50 punti, rispetto ai 55+ punti di un mese fa. I prezzi più alti e le restrizioni dal lato dell’offerta stanno gradualmente influenzando le aspettative, provocando un rallentamento dei nuovi ordini e della domanda dei consumatori. Il nuovo piano sul gas della Germania potrebbe comportare un razionamento e un aumento dei prezzi, che si andrebbero ad aggiungere all’outlook negativo. I funzionari della Fed, inoltre, si sono mostrati più preoccupati per le possibilità di una recessione e le aspettative di inflazione degli Stati Uniti stanno iniziando a ridursi per la prima volta negli ultimi mesi. Secondo i nostri modelli interni, recentemente sono aumentate le probabilità di recessione, tuttavia queste presentano valori ampiamente inferiori rispetto a quanto prezzato dai mercati. Sulla base dell’andamento economico attuale, stimiamo al 60% la probabilità di recessione negli Stati Uniti nei prossimi due anni, contro il 95% implicito nei prezzi degli asset. Inoltre, i venti di coda derivanti dalle riaperture post-Covid comportano che, qualora si verifichi un rallentamento, questo sarebbe probabilmente più lieve rispetto a quanto accaduto storicamente in precedenza, con tassi di crescita che difficilmente scenderebbero in territorio negativo a lungo. Continuiamo a ritenere che gli spread creditizi siano ampi rispetto ai rischi effettivi che ci attendono e riconosciamo che, alla luce di un pricing più aggressivo relativamente al verificarsi di una recessione, selezionati mercati azionari ciclici inizino ora ad apparire interessanti.
Tassi – Troppo relax per il 2023?
Nel corso della settimana, i mercati dei tassi si sono molto irrigiditi, a causa della tensione degli investitori nei confronti di crescenti probabilità di un rallentamento economico. I rendimenti dei Bund e dei Treasury a 10 anni sono tornati rispettivamente all’1,4% e al 3,1%, a 40 pb dai recenti picchi. I tassi front-end hanno seguito il movimento. La curva statunitense ora prezza un tasso terminale del 3,2%, rispetto al 3,8% di una settimana fa e una sua diminuzione nel 2023. Le curve europee, invece, prezzano un ciclo di rialzi più contenuto rispetto a una settimana fa, con un tasso terminale dell’1,9% ma inferiore rispetto ad un incremento di 150 pb nel 2022. Sebbene le banche centrali siano chiaramente più preoccupate per la crescita, gli alti livelli di inflazione rendono difficile un’inversione di marcia totale rispetto ad un atteggiamento hawkish. La testimonianza di Powell di fronte al Congresso americano questa settimana ha riconosciuto rischi economici più elevati, ma ha posto l’inflazione come priorità della Fed. La BCE ha assunto un atteggiamento più aggressivo a giugno e sarà difficile rivedere questa linea senza danneggiare la sua credibilità. Il tema della debolezza economica appare molto pressante per ipotizzare un riorientamento delle priorità delle banche centrali e i mercati potrebbero riporre eccessive speranze in un sostegno da parte delle banche centrali questa settimana. I dati sull’inflazione dell’UE di mercoledì saranno un importante punto di riferimento per il mercato e potrebbero aiutare i mercati a concentrarsi nuovamente sui rischi inflazionistici e sul rialzo dei tassi.

Algebris Investments’ Global Credit Team
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