Silicon Valley Bank – Non facciamo di tutta l’erba un fascio
Venerdì scorso la Silicon Valley Bank (SVB), una banca californiana con una capitalizzazione di 16 miliardi di dollari, è stata rilevata dalla FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation) a seguito di un’ondata di deflussi di depositi. I mercati hanno considerato l’evento come potenzialmente sistemico per il settore bancario statunitense e globale. Non condividiamo tale interpretazione degli eventi. Il susseguirsi di avvenimenti per la SVB è stato determinato dalla composizione dei depositi e da una cattiva gestione della liquidità, resa possibile dal trattamento contabile favorevole dei titoli di cui godono le banche più piccole negli Stati Uniti. Le grandi banche statunitensi non presentano nessuna di queste caratteristiche. Dispongono infatti di una base di depositi più diversificata e stabile, di bilanci di liquidità di qualità superiore e di un portafoglio di titoli valutati al valore equo su base continuativa. Di conseguenza, il read-across è sbagliato e qualsiasi debolezza generale è un’opportunità per acquistare i nomi di alta qualità del settore. Durante il fine settimana è stata chiusa anche la Signature Bank (SBNY) e le autorità di regolamentazione statunitensi sono intervenute per garantire completamente i depositi di SVB e SBNY. La Fed ha inoltre presentato una nuova linea di credito per fornire finanziamenti supplementari alle banche regionali, al fine di prevenire eventuali effetti di ricaduta. In generale i mercati sono entrati in modalità risk-off dal pomeriggio di giovedì scorso e i rendimenti statunitensi a 2 anni sono saliti di 65 pb al 4,4% nella mattinata di lunedì, a partire dai recenti massimi del 5,05%.
Anteprima BCE – Aumento di 50 pb con focus sulla guidance
Prevediamo che giovedì la BCE aumenterà il tasso di deposito di 50 pb, portandolo al 3,0%, e segnalerà la prospettiva di ulteriori rialzi dei tassi. L’inflazione core al 5,6% ha di recente sorpreso al rialzo, aumentando le pressioni affinché la commissione mantenga la propria direzione, pur rispettando l’equilibrio di un approccio orientato alle singole riunioni. Uno dei membri più aggressivi del Consiglio, Robert Holzmann, ha recentemente ipotizzato tassi terminali fino al 4,5%, ma riteniamo che l’attuale consenso all’interno della BCE sia inferiore e, di conseguenza, ci aspettiamo un tasso terminale del 4%, in linea con i prezzi di mercato. Inoltre, l’attenzione principale è rivolta alle stime delle previsioni trimestrali: l’inflazione globale nel 2023 dovrebbe essere rivista al ribasso dal 6,3% a causa del forte calo dei prezzi del gas, passati dai 140 euro di dicembre ai 50 euro di oggi. Tuttavia, osserviamo rischi di rialzo per la precedente previsione di inflazione di fondo per il 2023, pari al 4,2%. Seguiremo con attenzione anche la previsione di inflazione a lungo termine per il 2025, dato che la stima iniziale del 2,3% a dicembre aveva sorpreso per il suo valore elevato. In linea con il recente miglioramento dei dati economici, le previsioni sul PIL potrebbero essere riviste al rialzo con l’attenuarsi dei timori di recessione. I mercati valutano 45 pb, ovvero l’80% di possibilità di un rialzo di 50 pb, e attualmente stimano il tasso terminale vicino al 3,9%.
Dati USA – Dati contrastanti rendono probabile un rialzo di 25 pb
I dati sull’occupazione della scorsa settimana si sono rivelati contrastanti: il dato Nonfarm Payrolls (salariati del settore non agricolo) a 311 mila ha battuto il consenso di 225 mila, ma il tasso di disoccupazione è salito dello 0,2% al 3,6% e la crescita dei salari è rallentata di 10 pb allo 0,2% mensile. Anche gli indicatori dell’occupazione ADP e delle aperture di posti di lavoro JOLTS hanno sorpreso al rialzo. Tuttavia, il rapporto posti vacanti/disoccupati è sceso leggermente a 1,9 volte e il Quit Rate è sceso al 2,5%, il terzo calo consecutivo.
Nell’ambito dei JOLT (Job Openings and Labor Turnover Survey), in particolare le aperture di posti di lavoro nel settore delle costruzioni sono scese bruscamente da 488 a 248 mila, il che può essere interpretato come un indicatore anticipatore dell’economia.
La testimonianza di Powell di martedì aveva inizialmente suscitato un selloff, in quanto il Presidente aveva dichiarato che il FOMC (Federal Open Market Committee) sarebbe stato disponibile ad accelerare il ritmo, ma non riteniamo che i dati del mercato del lavoro di questa settimana siano stati sufficientemente forti da giustificarlo. L’attenzione principale questa settimana è rivolta all’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti: il consenso prevede un calo dell’inflazione complessiva dello 0,4% al 6% annuo e un calo dell’inflazione di fondo dello 0,1% al 5,5%. Una cifra in linea dovrebbe confermare un rialzo di 25 pb il 22 marzo, ma in seguito al recente rally la nostra opinione sulla duration statunitense risulta ora più equilibrata e, a seguito della SVB, vi è anche una possibilità di una pausa da parte della Fed.

Team Algebris di Strategie di Credito Globale
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