Stati Uniti – Un’ultima volta
È probabile che la Fed effettui un ultimo rialzo a maggio e poi rimanga in attesa per il resto dell’anno. Prevediamo un rialzo di 25 pb il 3 maggio, per un tasso terminale del 5,0-5,25%, a sostegno della nostra opinione sono stati i dati e i discorsi della Fed della scorsa settimana. L’inflazione si è confermata al livello o al di sotto delle aspettative, con il CPI nominale annuale al 5%, 10 pb al di sotto del sondaggio e ben l’1% in meno rispetto al dato del mese scorso. Il dato core su base annuale si è rafforzato di 10 pb raggiungendo il 5,6%, in linea con le aspettative. I dati riflettono una combinazione di forti effetti base dei prezzi dell’energia, che sono materialmente più bassi rispetto a un anno fa e sono scesi del 3,5% nella misura CPI, e l’allentamento delle pressioni sui prezzi di beni e servizi. L’aspetto più importante è che i prezzi degli immobili hanno finalmente mostrato segni di attenuazione, anche se parzialmente compensati dagli aumenti dei trasporti e dei viaggi. I verbali della Fed di mercoledì hanno confermato che i rischi al rialzo per l’inflazione sono soppesati dai rischi al ribasso per l’economia, tra cui l’aspettativa, ora formalmente menzionata, di una “lieve recessione” nel corso dell’anno. Il sondaggio NFIB (National Federation Independent Business) sulle piccole imprese si è mantenuto stabile su una lettura di ottimismo di 90,1, in linea con la lettura a 6 mesi, ma ben al di sotto della lettura neutrale di 100. La sintesi ha mostrato uno dei maggiori cali nella disponibilità di credito, che riflette l’inasprimento degli standard di prestito da parte delle banche regionali alle piccole imprese. I commenti più significativi degli interventi della Fed sono stati quelli di Goolsbee, recentemente entrato a far parte del comitato in sostituzione della Brainard, che ha enfatizzato l’inasprimento degli standard di prestito e ha messo in guardia da un eccessivo irrigidimento. Al contrario, Waller ha commentato, dopo la debolezza delle vendite al dettaglio di venerdì, che la politica monetaria dovrebbe essere ulteriormente inasprita in quanto l’inflazione rimane persistentemente troppo alta e le condizioni finanziarie troppo facili.I prezzi di mercato si attestano a circa l’80% di probabilità di un rialzo di 25 pb a maggio e di tagli di 60 pb dal picco entro la fine dell’anno. Riteniamo che la valutazione dell’imminente riunione come l’ultima sia appropriata, ma il prezzo dei tagli è ancora esagerato.
Banche centrali globali – Chi prosegue e chi taglia per primo?
Con il ciclo di rialzi della Fed prossimo alla fine, si prevede che solo poche banche centrali dei paesi industrializzati continueranno a rialzare la pressione da qui in poi. Per i mercati emergenti, invece, si tratta di capire chi taglierà per primo.
La BCE è la banca centrale più falco tra quelle dei Paesi industrializzati, con i banchieri centrali che hanno apertamente messo sul tavolo 50 pb per la riunione di maggio e i mercati che di conseguenza quotano il 25% di probabilità di tale mossa. Con il continuo trend dell’inflazione di fondo e le prospettive incerte per i prezzi dell’energia nel corso dell’anno, quando si dovranno rifornire le scorte, ci sono pochi dati a sostegno di un rallentamento. Riteniamo pertanto realistica la previsione del mercato di ulteriori rialzi di 75 pb e di un tasso finale del 3,75%. Tra le restanti economie del G10, abbiamo già visto la RBA e la BOC fare una pausa a causa del rallentamento dell’inflazione e, nel caso della RBA, di una maggiore tolleranza per i superamenti dell’inflazione. L’altro estremo rimane la BoJ, che non si è ancora discostata dalla sua politica monetaria ultra-allentata. Il governatore Ueda è entrato in carica da poco, ma non si prevede che modifichi la politica alla fine di aprile. Tuttavia, lo slancio della crescita salariale legato alle trattative salariali di Shunto rimane forte ed è probabile che prima o poi forzerà la mano della BoJ.
Tra i paesi emergenti, la banca centrale del Brasile e quella messicana sono i due candidati più probabili per un cambio di politica e quindi di tagli. In Brasile, il tasso di policy è al 13,75% nonostante l’inflazione sia “solo” al 4,7%, con un tasso di policy reale del 9,1%. L’inflazione brasiliana è scesa di quasi l’1% la scorsa settimana e ora si trova al di sotto della media quinquennale. In Messico, il tasso di policy si attesta all’11,25%, a fronte di un’inflazione del 6,9%. Prevediamo che il Banxico manterrà i tassi nella prossima riunione di maggio, in considerazione della recente volontà di porre fine al ciclo.

Team Algebris di Strategie di Credito Globale
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