Europa – Tariffe in arrivo
Il 2 aprile è prevista l’entrata in vigore di tariffe globali reciproche nei confronti dei Paesi con eccedenze commerciali nei confronti degli Stati Uniti. Definito da Trump come il “giorno della liberazione”, gli investitori temono che l’annuncio scateni un nuovo episodio di risk-off, poiché l’attenzione dei mercati si è spostata sui timori per la crescita anziché per l’inflazione. L’Europa è particolarmente a rischio e sembra che ci sia poco spazio per negoziare. Bloomberg Economics stima che il commercio dell’UE sarà colpito per 600 miliardi di dollari e che il 70% delle esportazioni dell’UE verso gli Stati Uniti potrebbe essere tagliato. Il PIL dell’UE ne risentirebbe con una contrazione dell’1,5%. L’Europa ha recentemente beneficiato della grande euforia suscitata dal massiccio pacchetto fiscale tedesco, ma riteniamo che ora l’interesse si sposterà sulle preoccupazioni per la crescita a breve termine.
Fed – Il ritorno del “transitorio”
Mercoledì scorso la Fed ha mantenuto i tassi invariati al 4,25-4,5%, assumendo però un tono più dovish del previsto. Le proiezioni hanno evidenziato un indebolimento delle prospettive di crescita, prevedendo un aumento del PIL dell’1,7-1,8% nei prossimi anni, mentre l’inflazione per il 2025 è stata rivista al rialzo al 2,7%-2,8% rispettivamente per il PCE headline e core. Il percorso dei tassi nel dot plot è rimasto invariato, prevedendo due tagli quest’anno. Durante la conferenza stampa, Powell ha definito l’aumento dell’inflazione dei beni dovuto alle tariffe come transitorio – probabilmente – e l’aumento delle aspettative di inflazione nel sondaggio dell’Università del Michigan come un’anomalia. Il mercato ha interpretato Powell come dovish e i rendimenti a 2 anni degli Stati Uniti sono scesi di 12 punti base in giornata. Le prospettive economiche degli Stati Uniti sono più incerte del solito a causa della politica estera ed economica di Trump; pertanto, ci aspettiamo che la Fed proceda con cautela.
Turchia – Il rischio politico torna sui radar
La scorsa settimana, il presidente Erdogan ha sorpreso tutti arrestando il suo principale avversario politico, il sindaco di Istanbul Imamoglu, considerato uno dei maggiori esponenti dell’opposizione e un forte candidato per sfidare Erdogan alle prossime elezioni. Questo evento ha causato turbolenze negli asset turchi, con ripercussioni sui mercati globali, minando così la fiducia nella politica economica turca recentemente stabilita. Mercoledì scorso, le azioni turche sono scese del 9%, la lira si è deprezzata fino al 12% rispetto al dollaro USA, e i rendimenti dei Bund tedeschi sono diminuiti di 6 punti base nel contesto di un più ampio movimento di risk-off, per poi riprendersi. La Banca centrale turca ha reagito prontamente, aumentando i tassi overnight del 2%, portandoli al 46% per ristabilire la calma economica, e ha venduto almeno 8 miliardi di dollari mercoledì per contrastare la debolezza della valuta. Recentemente, la narrativa per la Turchia è stata molto positiva, poiché il nuovo ministero delle Finanze e i banchieri centrali hanno ristabilito la calma economica e attirato gli investitori sulla lira e sugli asset locali. Gli investitori attendono ora con impazienza gli incontri di primavera del FMI, che si terranno a Washington in aprile, per incontrare i responsabili politici e comprendere il percorso da seguire.
Algebris Investments’ Global Credit Team
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