ESG & Policy Research

Valute Internazionali: un Futuro Multipolare?

I dati SWIFT sui pagamenti internazionali e domestici segnalano come in ottobre le transazioni in euro abbiano superato per la prima volta quelle effettuate in dollari, rendendo la moneta europea la più usata al mondo nelle operazioni di pagamento. La quota dei pagamenti nella valuta americana si trova da tempo in un lento declino, ma il 2020 sembra aver dato il colpo di grazia alla predominanza del Dollaro. Mentre altre valute sembrano non essere state in grado di trarre vantaggio da questo fenomeno, l’Euro mostra una performance speculare rispetto a quella del Dollaro.

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Sono diversi gli elementi che possono aver contribuito a questo cambiamento, spaziando dall’indebolimento del Dollaro [1], che stando ai future non sembra destinato a interrompersi, ai differenziali di inflazione tra le due economie, al deficit commerciale record registrato dagli Stati Uniti nei mesi recenti [2], fino agli ulteriori stimoli fiscali in discussione a Washington.

Guardando ad altre metriche, l’Euro ha ancora molta strada da fare prima di arrivare a spodestare il Dollaro: nonostante l’uso del biglietto verde come riserva ufficiale sia in declino da qualche anno – mentre l’Euro ha visto la sua quota crescere marginalmente – il Dollaro rappresenta ancora oltre il 60% delle riserve globali. Nel mentre altre monete, quali lo Yen e lo Yuan, hanno mostrato più successo nell’erodere la quota del Dollaro. Questo processo segnalerebbe nel complesso un relativo rafforzamento della valuta europea: mentre altre valute stanno lentamente emergendo sul palco globale, l’Euro si è dimostrato più resiliente del Dollaro, un fenomeno che implicherebbe una lenta transizione verso un sistema multipolare.

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Dove il Dollaro continua a mantenere un vantaggio stabile è nell’emissione di titoli di debito: nonostante l’Euro sia riuscito a difendere la sua quota, valute secondarie hanno visto la loro porzione erosa dal Dollaro. Ciò si deve al vantaggio competitivo del settore finanziario statunitense, notoriamente più affermato dei competitor stranieri. Nondimeno, le recenti emissioni sovrascritte in eccesso di social bond UE per finanziare l’iniziativa SURE di sostegno di disoccupazione offre un segno di crescente ruolo per l’Euro nei mercati destinato a crescere nel futuro – in particolare dopo il COVID-19. L’Euro è già la valuta dominante per  green bond, emessi per finanziare progetti ambientali o legati al clima: il 45% di tali strumenti emessi nel 2019 sono denominati in Euro. La Commissione Europea spera di finanziare circa il 30% dei 750 miliardi con prestiti tramite green bond, fatto che suggerisce ci sia una concreta possibilità di sostenere il ruolo internazionale dell’Euro consolidandolo come valuta dominante in un segmento di mercato  destinato a diventare sempre più rilevante.

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Aree di influenza

Per meglio stabilire la relativa estensione delle zone di influenza del Dollaro e dell’Euro, regrediamo le fluttuazioni delle valute nazionali [3] sui movimenti dei tassi di cambio di Euro e Dollaro dal 2013 in poi, inserendo un paese in un’area valutaria se questa mostra il coefficiente maggiore nella regressione[4]. La mappa risultante mostra che, mentre il Dollaro continua a mantenere la sua posizione dominante di guida delle valute mondiali, l’Euro è stato in grado di sviluppare una propria area di influenza che si estende non solo in Europa e Russia, ma anche in diversi stati africani. Queste aree sarebbero avvantaggiate dallo scegliere l’Euro come valuta internazionale di riferimento: investimenti e prestiti transnazionali, così come il commercio, sarebbero sottoposti a un minor rischio di apprezzamento e deprezzamento.

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L’analisi delle distribuzioni delle correlazioni tra valute nazionali e rispettivamente l’Euro e il Dollaro conferma l’ipotesi che due blocchi coesistano: entrambe le distribuzioni mostrano un andamento tendenzialmente bimodale, con valute locali polarizzate o verso livelli di correlazione particolarmente bassi o, in alternativa, tendenti a 1. Ciò implica che queste valute tendono o a seguire da vicino il Dollaro (Euro) o a non seguirlo affatto, con pochi compromessi tra i due estremi, caratteristica tipica delle valute dominanti, mentre utilizzando le loro correlazioni con una valuta di secondo rango osserveremo distribuzioni tendenti ad una Gaussiana.

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Un sistema multipolare? Da un punto di vista storico, il dominio del Dollaro negli ultimi 75 anni è stata un’anomalia piuttosto che la regola. Equilibri monetari multipolari sono stati lo standard nell’età Moderna: argento, oro e blocchi bimetallici nel periodo precedente al gold standard; la coesistenza di Sterlina, Franco e Marco nel

diciannovesimo secolo; e il duopolio di Sterlina e Dollaro nel periodo tra le due guerre. Multipolarità non significa che lo status di valuta internazionale sia spartito equamente tra diverse unità nazionali, ma piuttosto che sia più equo di quanto implicato dalla visione del Dollaro come unica valuta dominante. Mentre un sistema basato su più valute di riserva può sembrare più instabile, essendo potenzialmente soggetto a fughe coordinate degli investitori da una valuta, la verosimiglianza di un tale scenario dipende dalla stabilità delle politiche seguite dai governi delle valute di riserve. Mentre negli anni Venti tali politiche furono effettivamente instabili, questo non fu il caso pre prima guerra mondiale, quando una duratura stabilità del sistema multipolare si è verificata, provando come tale outcome sia tutt’altro che implausibile.

L’emergere della sua valuta al ruolo di valuta di riserva globale comporterebbe conseguenze sia positive che negative per l’Eurozona. I vantaggi pecuniari, spesso chiamati exorbitant privilege, derivano dai guadagni e dai risparmi generati dalla domanda estera di attività sicure e liquide. D’altra parte, è stato sostenuto che l’exorbitant privilege potrebbe portare più costi che benefici. I tre argomenti principali di questa tesi sono l’ostacolo per gli esportatori rappresentato dal rafforzarsi la valuta; le interferenze con la condotta della politica monetaria e il rischio di rendere più probabile che un paese cada in una trappola della liquidità, essendo gli investitori esteri disposti a pagare un premio per le attività di riserva sicure in tempi difficili.

Il rischio principale connesso all’esistenza di una unica valuta di riserva come il Dollaro è rappresentato dal cosiddetto dilemma di Triffin: se gli Stati Uniti eliminassero il loro deficit della bilancia dei pagamenti, priverebbero l’economia mondiale di dollari, cioè della liquidità internazionale necessaria per l’espansione del commercio  e del sistema finanziario globale. Ma se gli Stati Uniti continuassero a fornire liquidità internazionale, non sarebbero in grado di evitare di incorrere in deficit delle partite correnti, portando alla fine a mettere in dubbio la stabilità della loro valuta. Il rischio di un tale stallo sarebbe mitigato dal passaggio a un sistema multipolare.

La visione tradizionale secondo cui può esistere una sola valuta dominante in un dato momento deriva da modelli con forti esternalità di rete. Tuttavia, la storia concorda solo parzialmente con questa visione del monopolio naturale e della sua persistenza. Ciò vale a maggior ragione oggi, poiché le moderne tecnologie consentono agli agenti di superare le incompatibilità preesistenti e integrare i sistemi rivali in reti estese. Con smartphone e computer moderni lo scambio di valute è diventato banale anche per i privati ​​cittadini, riducendo in larga misura il vantaggio di liquidità derivante dal possesso diretto di un’unica valuta dominante. Se l’Europa dovesse vincere la sfida posta dal Covid-19 e uscirne più unita e più forte, la strada per l’imporsi dell’euro sulla scena mondiale sarebbe tracciata.


[1] L’ICE US Dollar Index, che misura il Dollaro contro un paniere di valute dei principali partenr commerciali degli USA, è calato ai livelli più bassi dal 2018 ed ha perso l’11% dal picco di marzo.

[2] L’Euozona, escludendo i mesi di aprile e maggio, ha registrato surplus commerciali in linea con gli anni precedenti.

[3] Seguendo Ito & McCauley (2019), usiamo il Franco Svizzero come valuta neutrale di riferimento; i risultati non cambiano utilizzando diverse valute di riferimento. Nonostante la cautela nell’interpretazione dei risultati sia dovuta, dato il co-movimento nei tassi USD/CHF ed EUR/CHF, la consistenza dei risultati è confermata dall’utilizzo di lunghe serie storiche (dal 2013); dall’uso di altre valute neutrali (Yen giapponese); e dall’osservazione della distribuzione dei coefficienti rispetto a quella di valute non globali.

[4] L’uso di una costante nella regressione consente di tener conto di trend specifici dei singoli paesi dovuti ad inflazione ed altri differenziali macroeconomici.