Macro-statunitense – Il mito dell’eccezionalismo
Nel nostro recente approfondimento, analizziamo le conseguenze dell’attuale politica statunitense sulla componente macro. Riteniamo che la situazione macro degli Stati Uniti sia potenzialmente a un punto di svolta, in quanto le politiche adottate finora non favoriscono la crescita. Sia le restrizioni commerciali che i tagli alla spesa incidono negativamente sulle prospettive economiche. Il tasso di dazi USA è salito al 4%, da quasi lo 0%, ed è destinato a salire ulteriormente nelle prossime settimane. Inoltre, le incertezze dei consumatori e delle imprese sono ormai prossime ai massimi degli ultimi quindici anni. Storicamente, ciò segnala un improvviso arresto della spesa, dell’occupazione e degli investimenti. ì Poiché i mercati erano orientati a considerare le politiche di Trump positive per gli Stati Uniti e negative per gli altri, questo punto di svolta avrà un costo per gli asset di rischio statunitensi. Una correzione è iniziata questa settimana, ma gli afflussi cumulativi negli asset statunitensi sono stati molto consistenti negli ultimi tre anni. Un’inversione di tendenza porterà a un ulteriore indebolimento. In questo contesto, privilegiamo gli asset europei e globali rispetto agli Stati Uniti e i tassi rispetto agli asset rischiosi.
Tariffe doganali – Doccia di aprile
La minaccia dei dazi è il focus principale a breve termine per i mercati. Finora, gli Stati Uniti hanno aumentato le tariffe del 20% nei confronti della Cina, del 25% nei confronti di Messico e Canada (ad eccezione delle merci ammissibili all’USMCA) e del 25% sui prodotti in acciaio e alluminio. Secondo le recenti dichiarazioni del Presidente e del Dipartimento del Commercio, ad aprile dovrebbero entrare in vigore i dazi sull’Europa (25% o 10% a seconda delle merci), sulla parte restante delle merci canadesi e messicane e le tariffe reciproche. Inoltre, l’amministrazione statunitense sta valutando la possibilità di introdurre nuove tariffe sulle importazioni di prodotti critici. La Cina, il Canada e l’Europa hanno già annunciato ritorsioni, mentre il Messico si tiene in disparte. Considerato che la partita più importante della guerra commerciale si svolgerà probabilmente ad aprile, ci aspettiamo un ulteriore aumento della volatilità nelle prossime settimane.
Fed – Scenari che si allargano
Questo mercoledì, la Fed manterrà i tassi invariati al 4,5% e continuerà probabilmente a indicare due tagli dei tassi previsti nel 2025 nel dot plot. È probabile che la Sintesi delle Proiezioni Economichemostri aspettative di un’inflazione più alta ma una crescita più bassa, a causa delle erratiche politiche tariffarie di Trump. Inoltre, la Fed potrebbe annunciare una pausa o la fine del Quantitative Tightening a partire da aprile, dato che il tetto del debito rimane un problema.
La scorsa settimana, l’IPC statunitense è aumentato del 2,8% su base annua a febbraio, 0,1% al di sotto delle aspettative. L’inflazione core è rallentata al 3,1% a/a (0,23% m/m), ribaltando il dato forte di gennaio. Il rallentamento ha riguardato soprattutto le categorie dei servizi, mentre i beni di base sono rimasti relativamente stabili. Tuttavia, i componenti che confluiscono nell’inflazione PCE, la misura dell’inflazione preferita dalla Fed, sono stati più forti e, insieme al PPI, prevedono una crescita di circa 0,3% m/m per il PCE core. Il sondaggio dell’Università del Michigan di venerdì ha mostrato un’altra forte impennata delle aspettative di inflazione, con un aumento a 1 anno al 4,9% (+0,6%) e un aumento a 5-10 anni al 3,9% (+0,5%), mentre il sentiment dei consumatori ha sorpreso al ribasso.
Algebris Investments’ Global Credit Team
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