Dati USA – In allentamento.
I dati statunitensi della scorsa settimana hanno delineato un quadro sempre più pessimistico. I sondaggi dell’ISM (Institute for Supply Management) manifatturiero e dei servizi sono scesi al di sotto delle stime, rispettivamente a 46,3 e 51,2 e, le statistiche hanno evidenziato un calo significativo soprattutto dei prezzi corrisposti e dei nuovi ordini. Anche il mercato del lavoro ha mostrato segni di allentamento: l’occupazione ADP (Automatic Data Processing national report) è scesa a 145k contro i 242k precedenti, mentre l’indagine Challenger sui tagli occupazionali ha indicato altri 90k tagli di posti di lavoro, soprattutto negli Stati Uniti occidentali e guidati dal settore tecnologico e finanziario. Le domande di lavoro JOLTS (Job Openings and Labor Turnover Survey) sono diminuite del -8% scendendo a 9,9 milioni, il rapporto tra le domande di lavoro pubblicate e i disoccupati è sceso a 1,7x mentre la percentuale di dimissioni è rimasta sostanzialmente invariata al 2,6%, con un aumento di soli 10 pb. Le buste paga del settore non agricolo hanno mostrato un quadro leggermente più roseo, ma ancora in rallentamento. I mercati del lavoro più rilassati sono dovish per la Fed, ma un’inflazione più bassa è una condizione fondamentale per un atteggiamento più moderato. Per questo, la lettura dell’indice CPI (Consumer Price Index) di mercoledì sarà fondamentale: il consenso stima attualmente un aumento dello 0,3% a livello mensile e del 5,2% a livello annuale, mentre l’inflazione core dovrebbe aumentare dello 0,4% a livello mensile e del 5,6% a livello annuale. Per quanto riguarda il dato headline, i dati saranno influenzati dall’aumento dei prezzi del petrolio da metà marzo a fronte del calo dei prezzi dei prodotti alimentari, mentre per quanto riguarda il dato core, il recente aumento dei prezzi delle auto peserà contro qualsiasi potenziale calo dei servizi e degli affitti. L’indebolimento del mercato del lavoro, unito a standard di prestito stringenti da parte delle banche e ad indicatori prospettici che segnalano un calo dell’inflazione, ci rendono sempre più fiduciosi che l’attuale approccio della Fed terminerà presto. Prevediamo che il tasso terminale aumenterà al massimo di 25 pb da qui in poi.
Cina – La riapertura corre veloce.
La domanda impellente sta guidando la ripresa del settore dei servizi in Cina, dopo tre anni di blocco. La settimana scorsa l’attività dei servizi cinesi è salita ai livelli massimi di due anni con il dato del PMI (Manufacturing Purchasing Managers’ Index) dei servizi di Caixin a 57,8, quasi 3 punti al di sopra del sondaggio e del valore precedente. Inoltre, l’indice della PBoC (People’s Bank of China) sul reddito è salito a 50,7 nel 1° trimestre, sostenendo la fiducia dei consumatori in seguito all’aumento dei redditi. La mobilità è tornata ai livelli pre-Covid nella maggior parte delle città, e addirittura vicina al 120% a Shenzhen, data la vicinanza alle frontiere aperte con Hong Kong. I dati sui voli mostrano che i collegamenti nazionali sono tornati a circa l’80% dei livelli pre-Covid, e prevediamo un ulteriore aumento al 90% a partire da giugno, sulla base dei voli di linea. I viaggi internazionali sono ancora solo al 9%, ma dovrebbero salire al 13% da giugno in poi. Nonostante la riapertura sia guidata dai servizi, ci aspettiamo che la domanda di materie prime da parte della Cina aumenti nel corso dell’anno, esercitando una pressione al rialzo sui prezzi. Il consenso vede una crescita del PIL del 5,3% per il 2023, rispetto all’obiettivo ufficiale del 5%, ma alcuni economisti più rialzisti prevedono addirittura uno scenario del 6%. La riapertura del mercato cinese ha segnato una battuta d’arresto sui mercati globali di recente, a causa delle tensioni bancarie statunitensi e dei timori di recessione, ma riteniamo che la vicenda sia tutt’altro che conclusa.

Algebris Investments’ Global Credit Team
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