Commento mensile

Settembre 2023

Aggiornamento su temi economici e d’investimento

Economia, politica e mercati

Strategia credito globale

Performance.  A settembre, il fondo Algebris Global Credit Opportunities ha reso tra -0.40% e -0.52% a seconda delle classi azionarie. A titolo comparativo, l’indice EUR HY (BAML HE00) ha chiuso a 0.3%, l’indice US HY (BAML H0A0) a -1.2% e il governativo dei mercati emergenti (BAML EMGB) a -3.2%. Nel corso del mese, la performance (in euro, al lordo delle commissioni) è stata trainata da: (i) Credito: -73pb, di cui -78pb da obbligazioni cash e 5pb da CDS; (ii) Tassi: -28pb; (iii) Valute: -11pb; (iv) Azionario: 64pb; (v) Altro: 0pb.

Posizionamento corrente.  Settembre è stato un mese debole per gli attivi rischiosi. La curva dei rendimenti statunitensi ha continuato a irripidirsi e la debolezza dei tassi a lungo termine si è estesa al credito. Nel corso del mese, gli spread High Yield sono saliti di 50pb e l’azionario globale è sceso del 5%. Il Fondo ha iniziato il mese con un’esposizione netta al credito pari a circa 70% grazie alla maggior protezione di agosto. Tuttavia, le nostre posizioni lunghe liquide hanno riprezzato. Le coperture sugli indici obbligazionari e azionari hanno fornito protezione e il Fondo ha pertanto sovraperformato i principali indici di credito nel mese.

A nostro avviso, il rallentamento economico assumerà un ruolo sempre più centrale nella narrativa di mercato, e la nostra esposizione al rischio si trova perciò ad un livello inferiore rispetto agli ultimi due anni. Inoltre, ci concentriamo su obbligazioni liquide con rendimenti dell’8-10%, utilizzando il flusso di credito come strumento di protezione. Continuiamo ad aumentare la duration del Fondo, che si attesta ora nella parte alta dell’intervallo storico a 5 anni. Le banche centrali dovrebbero aver terminato il ciclo di rialzi e crediamo che la debolezza dei dati possa iniziare a supportare anche il segmento a lungo termine.

A fine settembre, l’esposizione netta al credito è pari al 66% e include una protezione del 27% sugli indici di credito e del 12% sui singoli titoli obbligazionari (tramite CDS e posizioni corte liquide). Il Fondo ha inoltre una protezione del 10% sui principali indici azionari.

In dettaglio, al momento in cui scriviamo:

  • Lo Yield to Call (YTC) complessivo del Fondo è dell’9.3% e il rating medio è BB+.
  • La duration del Fondo è ora di 5.3 anni, il livello più alto dall’inizio del 2021. Gran parte dell’aumento degli ultimi due mesi è avvenuto attraverso i tassi statunitensi, dove vediamo più ampio valore. Abbiamo inoltre allungato la duration sui mercati locali dell’America Latina, che hanno sofferto della volatilità del Treasury a settembre. Siamo leggermente lunghi anche sui tassi europei, ma con maggior cautela.
  • L’esposizione netta ai finanziari (incluse posizioni corte liquide e CDS su singoli emittenti) rappresenta il 48% del portafoglio. Ci concentriamo su debito subordinato di campioni nazionali europei con rendimenti superiori all’8%. Abbiamo ridotto il debito subordinato dopo il rally di luglio, ma manteniamo un’ampia esposizione date le valutazioni interessanti.
  • L’esposizione netta corporate (incluse posizioni corte liquide e CDS su singoli emittenti) rappresenta il 30% del portafoglio. In Europa, ci concentriamo su obbligazioni con rendimenti dell’8-10% garantite da solidi pool di asset tangibili con valutazioni fortemente scontate rispetto al valore sottostante. Abbiamo preso profitto sulle posizioni con beta più elevato e meno catalizzatori idiosincratici.
  • L’esposizione netta ai mercati emergenti (incluse posizioni corte liquide e CDS su singoli emittenti) rappresenta il 14% del portafoglio. Da luglio abbiamo ridotto l’esposizione prendendo profitto sulle posizioni lunghe nel credito High Yield in valuta forte. A settembre abbiamo aumentato la duration in valuta locale e valute, in quanto la correzione ha portato a livelli più attraenti. L’esposizione in valute è ora pari al 6%.

Strategia credito finanziario

A settembre, la continua retorica restrittiva delle banche centrali statunitensi ed europee ha contagiato il sentiment sui finanziari. I tassi governativi sono saliti lungo tutta la curva tra 20pb e 50pb, con il segmento a lungo termine che ha sottoperformato a causa dell’irripidimento delle curve. Ciò ha alimentato un atteggiamento risk-off che ha portato gli indici azionari in calo del 2% circa, pur lasciando i guadagni da inizio anno ad un buon 11% circa.

Al contrario, le azioni finanziarie europee hanno mostrato un movimento in controtendenza, con gli indici in rialzo dell’1% circa, portando i rendimenti totali da inizio anno al 22% circa. Gli spread sono rimasti sostanzialmente invariati lungo tutta la struttura di capitale, con il brusco movimento al ribasso interamente attribuibile alla discesa dei tassi. La ragione alla base della resilienza degli spread è stata una performance operativa degli emittenti migliore del previsto nei primi due trimestri dell’anno, con continui miglioramenti della redditività, nessun segnale di deterioramento degli attivi e un continuo accantonamento di capitale in eccesso.

Le banche greche hanno fatto un passo avanti verso l’Investment Grade dopo che le principali agenzie hanno annunciato miglioramenti dei rating che confermano il rafforzamento dei loro fondamentali, nonché i progressi strutturali dell’economia nazionale. Tre delle quattro banche greche hanno ricevuto un upgrade di due notch che le colloca ora saldamente nella categoria BB. Il rafforzamento dei rating non ha riguardato solo la Grecia, ma si è allargato anche ad altri sistemi bancari storicamente difficili come quelli di Irlanda e Portogallo.

Il tema della tassazione è tornato in primo piano con il Governo olandese che è stato l’ultimo a rivolgersi al settore finanziario per ridurre il proprio deficit di bilancio. Con una mossa che non sorprende data la solidità della redditività complessiva del settore, il Governo olandese ha proposto di contribuire a colmare il suo deficit di €4mld attraverso un’imposta bancaria di €350mln, abbinata a una nuova tassa sui riacquisti. Sebbene la prima misura sia destinata ad avere un impatto trascurabile sugli utili, pari ad appena 3%, e la seconda richieda miglioramenti nella sua struttura attuale, queste misure sono forse indicative dell’attuale direzione intrapresa.

Dopo la consueta pausa estiva, a settembre l’attività primaria è ripresa lungo tutta la struttura del capitale, attestandosi ad un livello superiore alla somma dei due mesi precedenti (luglio e agosto). Nonostante l’evento di Credit Suisse di marzo, le emissioni Senior da gennaio sono state in linea con lo scorso anno a €325mld, mentre le emissioni di capitale si sono rivelate circa 20% in più rispetto al 2022, con €50mld emessi tra Tier 2 e AT1.

Settembre ha visto una ripresa dei rifinanziamenti AT1, con le entità che hanno utilizzato un nuovo approccio di offerta anticipata fino a 6 mesi, una modalità che è stata ben accolta dagli investitori, con tassi di accettazione del 65% circa. È interessante notare che le emissioni finanziarie primarie sono state soddisfatte nonostante la maggiore incertezza sui tassi, grazie a cedole che rimangono attraenti in un contesto inflazionistico che, seppur in calo, resta elevato.

Stategia azionario finanziario

A settembre, i finanziari hanno registrato una flessione, con l’indice MSCI AC Financials in calo di circa 2%, nonostante il settore abbia nettamente sovraperformato il più ampio indice globale, in ribasso di oltre 4% nel mese. La dispersione all’interno del settore è stata significativa, con le banche dell’Eurozona in rialzo di 25pb, gli istituti regionali statunitensi in calo di oltre 5% e gli assicuratori statunitensi ed europei invariati.

Nel corso del mese, il rialzo dei tassi è stato al centro dell’attenzione, con la parte lunga della curva statunitense in crescita di quasi 50pb e i rendimenti dei Bund poco distanti; i BTP hanno seguito l’esempio, salendo di quasi 70pb nel corso del mese. Il movimento ha riportato l’attenzione degli investitori sulle perdite non realizzate nei bilanci bancari. Questo aspetto è particolarmente importante negli Stati Uniti, dove molte banche regionali risultano scarsamente capitalizzate se si tiene conto delle perdite mark-to-market sui loro titoli in portafoglio. Ricordiamo che la nostra esposizione alle banche statunitensi, sebbene sia stata ridotta a circa 10% del portafoglio, si concentra su banche classificate come le migliori in termini di capitale (rettificato e non rettificato per le perdite mark-to-market), che presentano portafogli di crediti immobiliari commerciali gestibili e per le quali le pressioni sui margini sono in calo. Pur avendo al momento un’esposizione limitata, stiamo iniziando a cogliere interessanti opportunità in piccole banche statunitensi che trattano a prezzi storicamente bassi e che saranno con tutta probabilità coinvolte nell’ondata di fusioni e acquisizioni bancarie che ci aspettiamo per il 2024 e 2025, quando entreranno in vigore le nuove normative. Pur aspettandoci due trimestri instabili, vediamo diversi fiori all’occhiello in vendita e continuiamo a monitorare da vicino punti di ingresso interessanti con profilo rischio-rendimento asimmetrico.

Il punto chiave per le banche europee è dato dal fatto che l’aumento dei tassi dovrebbe avere un impatto relativamente contenuto sul capitale, a differenza degli Stati Uniti, dove le regole sono cambiate in corso d’opera lasciando le banche regionali di medie dimensioni senza copertura per il tipo di movimenti di tasso a cui abbiamo assistito negli ultimi due anni. In media, le banche europee perdono appena il 4% del capitale CET1 a fronte di uno shock dei tassi di interesse di 200pb, e sono tenute a mantenere questa sensibilità pari o al di sotto del 15%. Lo stesso non vale negli Stati Uniti, come abbiamo potuto osservare nel caso di Silicon Valley Bank e First Republic. Inoltre, il rischio derivante dall’allargamento degli spread sovrani è notevolmente più basso rispetto al passato: in Italia, ad esempio, per ogni 100pb di crescita dello spread sul BTP, il capitale bancario si erode di soli 20pb rispetto ai quasi 100pb di un decennio fa. In breve, le normative imposte in Europa dopo la crisi finanziaria e la crisi dell’Eurozona sono state efficaci e i bilanci bancari europei godono ora di ottima salute. Gli azionisti bancari sono stati e continueranno ad essere i beneficiari, con significativi ritorni di capitale in eccesso (in alcuni casi oltre 1/3 dell’attuale capitalizzazione di mercato nei prossimi due anni), proprio mentre le banche statunitensi sono sottoposte a forti pressioni a causa di una nuova serie di normative che avranno probabilmente un forte effetto frenante sui ritorni di capitale nei prossimi 12 mesi.

Le banche europee sono chiare vincitrici in questo contesto di tassi più alti più a lungo grazie ai maggiori margini sui depositi, ma dovrebbero continuare a mettere da parte questi benefici man mano che i portafogli di coperture vengono reinvestiti a tassi molto più alti, proteggendo la redditività per quando la BCE comincerà a tagliare nuovamente i tassi. Queste banche sono ben posizionate per un simile contesto di tassi, ma lo sono anche per un potenziale rallentamento macroeconomico grazie alla limitata crescita recente dei bilanci, a riserve del periodo Covid ancora consistenti e a gran parte dei portafogli PMI coperti da garanzie governative. Si tratta di caratteristiche di bilancio uniche di questo ciclo, che non assomigliano affatto a quelle dei precedenti cicli negativi. Continuiamo a vedere un ampio valore nel settore, che tratta a 6 volte gli utili, lo stesso livello a cui veniva scambiato nel pieno della crisi dell’Eurozona. In attesa di una rivalutazione nei prossimi anni, le banche possono creare un valore significativo (e privo di rischio) per gli azionisti acquistando i propri titoli ai prezzi vantaggiosi attualmente offerti dal mercato, con sconti significativi rispetto al valore contabile tangibile.