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GLOBAL CREDIT BULLETS | Lunedì 7 marzo 2022

Russia/Ucraina – La guerra continua.

La guerra tra Ucraina e Russia si è intensificata. I mercati locali russi hanno finalmente aperto questa settimana, con i prezzi che riflettono un default nel debito sovrano e pressoché nessun valore nelle azioni russe. Nonostante due sessioni di negoziati, non c’è stato quasi nessun progresso per un accordo sul “cessate il fuoco”, a causa del grande divario nelle richieste delle parti. Anche l’accordo sulla creazione di un corridoio umanitario per permettere ai civili di fuggire dall’Ucraina sembra essere fallito. Vediamo questo sviluppo come negativo, in quanto indicatore di un’ulteriore escalation. Le due domande chiave da porsi per il futuro sono: la NATO sarà coinvolta nella guerra? La Russia risulterà inadempiente sul suo debito? Per quanto riguarda la prima domanda, la NATO ha fornito armi all’Ucraina, ma si è astenuta da un intervento diretto. Ci aspettiamo che questa sarà la linea che permarrà, anche se i rischi di un coinvolgimento della NATO stanno aumentando, data la crescente pressione da parte degli elettori. Questo rischio non è attualmente prezzato dai mercati e costituirebbe un evento molto negativo. Per quanto riguarda il debito russo, invece, in primo luogo, la settimana scorsa la Russia ha ribadito la volontà di continuare a onorare il proprio debito estero in declino: Putin aveva detto che avrebbe onorato il debito estero, ma un decreto durante il weekend ha stabilito che tutti i pagamenti in dollari saranno invece realizzati in rubli. In secondo luogo, e più importante, la capacità russa di pagare sta diminuendo rapidamente. Oltre all’alto costo della guerra (stimato tra i $3 e i $20 miliardi al giorno), è improbabile che la Russia ottenga nuovamente l’accesso ai mercati dei capitali esteri nel medio termine, rendendo inutile continuare a onorare il debito con il rischio di esaurire le riserve estere (la Russia, in seguito alle sanzioni dei paesi occidentali, non ha più accesso a circa il 75% delle proprie riserve estere). Ci aspettiamo, dunque, che il debito sovrano russo possa andare in default.

Aspettando la BCE – Poche speranze di avere maggiore chiarezza a breve.

Dalla riunione della BCE di questo giovedì probabilmente emergerà un ritardo nella restrizione di politica monetaria di quest’anno, dato che i politici europei sono stati completamente presi alla sprovvista dalla guerra in Ucraina e saranno restii a prendere decisioni definitive prima che si intraveda una risoluzione. Le decisioni potrebbero includere il mantenimento a tempo indeterminato del ritmo di acquisti di asset a €40 miliardi ed enfatizzare il “whatever it takes” per sostenere il rimbalzo economico. Allo stesso tempo, avremo nuove previsioni da parte degli addetti ai lavori su inflazione e crescita, probabilmente con grandi revisioni al rialzo per l’inflazione nel 2022, che includeranno anche le conseguenze del conflitto in Ucraina.

I rischi di una riduzione della crescita nell’Eurozona porteranno la BCE a non voler imporre ulteriore stress al sistema ritirando la liquidità in questo momento. L’inflazione, tuttavia, si sta rafforzando, visto che le stime della scorsa settimana che indicavano valori del 5,8% Headline e 2,7% Core sono arrivate ancora una volta prima delle aspettative e il petrolio viene ora scambiato sopra i $120 al barile. Inoltre, le aspettative di inflazione a lungo termine sono aumentate, dal 23 febbraio, quasi dello 0,5%, con gli swap sull’inflazione a 5 anni che adesso quotano un 2,2%. Senza la guerra, questo mix giustificherebbe certamente una svolta restrittiva, dato che le tre condizioni della BCE [1] per un rialzo dei tassi sono ora chiaramente soddisfatte. Sul fronte dei tassi d’interesse, i mercati sono combattuti tra prezzare il percorso rialzista delle banche centrali e l’azione di risk-off per via della guerra. Morgan Stanley ha stimato che il violento rally obbligazionario di martedì 1° marzo ha spazzato via l’85% delle posizioni Short dalle prime 6-8 settimane dell’anno, lasciando la situazione ora molto più chiara.

Crediamo che un ritardo nell’inasprimento questa settimana sia ragionevole, ma alla fine porrà la BCE in una posizione ancor più arretrata nella lotta all’inflazione. Qualsiasi ritardo nell’innalzamento dei tassi di quest’anno dovrebbe quindi essere prezzato per il 2023, con la possibilità della necessità di rialzi ulteriori e più rapidi una volta che il conflitto terminerà.


[1] Le tre condizioni:

1. L’inflazione target del 2% deve essere raggiunta “ben prima della fine dell’orizzonte di proiezione”;

2. Il raggiungimento del 2% target deve essere duraturo;

3. Il progredire dell’inflazione sottostante deve essere sufficientemente avanzato da essere coerente con la stabilizzazione dell’inflazione al 2% nel medio termine.


Algebris Investments’ Global Credit Team

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